Nel caso della bambina morta di malaria si rincorrono le ipotesi sul contagio, che potrebbe essere avvenuto mentre era a Bibione

Crescono gli interrogativi sulle ipotesi di contagio nel caso della bambina morta di malaria agli Spedali Civili di Brescia.
Per il momento una delle più accreditate sembra essere quella di un contagio della bambina morta di malaria mentre questa si trovava a Bibione.
Proprio il suo passaggio al punto al punto di primo soccorso della città potrebbe avere originato il contagio.
È infatti questa una delle piste battute dal procuratore di Trento, Marco Gallina, che ha aperto un’inchiesta per omicidio colposo nella quale confluirà quella “gemella” avviata a Brescia.
Intanto, l’autopsia è stata affidata alla dottoressa Federica Bortolotti, dell’Istituto di Medicina legale scaligero, e al dottor Angelo Cazzadori, infettivologo dell’Azienda ospedaliera universitaria locale.

I due consulenti effettueranno a Brescia l’esame decisivo per definire il ceppo della malaria e quindi il luogo del contagio.

Perché se è certo che a uccidere Sofia sia stato il Plasmodium Falciparum, rilevato nelle due bimbe del Burkina Faso colpite da malaria nel loro Paese e degenti nella Pediatria di Trento in contemporanea a lei, ci sono anche degli altri interrogativi.
“Non si può dimenticare – ammette Gallina – che la bimba è stata ricoverata anche all’ospedale di Portogruaro”.

Secondo gli esperti consultati dal Nas i tempi di incubazione della malattia darebbero corpo all’ipotesi di un contagio in Veneto.

“Stiamo valutando con più attenzione la possibilità che la bambina sia stata contagiata mentre era a Bibione, cioè prima del ricovero in ospedale a Portogruaro, dove è stata il 13 agosto, e a Trento, dove era dal 16 al 21 agosto”.
A dirlo è stato Raniero Guerra, direttore generale della prevenzione sanitaria del ministero della Salute e capo della task force che sta conducendo le indagini sul caso della bambina morta di malaria.
Per sviluppare la malattia – conclude Guerra – ci vogliono tra i 14 e i 20 giorni, che sono perciò compatibili con le date in cui Sofia era al mare in campeggio a Bibione”.
Intanto, il nonno della bimba lancia un appello per non criminalizzare le piccole africane che erano anche loro ricoverate a Trento nella stanza adiacente a quella della piccola.

“Sarebbe imperdonabile se ora le bambine africane venissero isolate dai loro amici, oppure a scuola”.

Intanto, le due piste seguite dagli investigatori sono quella dell’errore da parte dei sanitari del “Santa Chiara”, che possono aver usato una stessa siringa sulle sorelline africane e su Sofia, oppure che il contagio sia avvenuto in Veneto.
Decisivi a chiarire il caso della bambina morta di malaria saranno anche gli esami microbiologici e genetici disposti sulle bimbe del Burkina Faso e sul campione di sangue prelevato a Sofia e inviato all’Istituto superiore di Sanità.
Intanto il Nas è andato all’ospedale di Portogruaro (e in quelli di Trento e Brescia) ad acquisire cartelle cliniche e infermieristiche relative al caso.
Anche se non è escluso che il contagio possa essere avvenuto in spiaggia a Bibione. Qui, ci sono temperature molto più alte, in grado di favorire il proliferare di zanzare importante o autoctone, nelle quali il caldo accelera i tempi di incubazione.
 
 
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