I ricercatori dell’Ospedale Pediatrico della Santa sede hanno individuato 17 geni malattia grazie alle analisi genomiche effettuate su bambini affetti da malattie rare. I risultati resi noti in occasione della Giornata Mondiale 

Sono circa 350 i bambini affetti da malattie rare che hanno ricevuto una diagnosi dopo un’attesa media di 7 anni. Si tratta di circa il 50% dei pazienti entrati nel programma dedicato ai malati rari e avviato due anni fa dall’Ospedale Bambino Gesù di Roma.

In occasione della Giornata Mondiale delle Malattie Rare, che si celebra oggi, l’Ospedale della Santa sede ha reso noti i risultati della campagna Vite Coraggiose; un’iniziativa dedicata alla ricerca e alla cura delle malattie genetiche senza nome, orfane di diagnosi.

Sono risultati, commenta il direttore scientifico Bruno Dallapiccola, ottenuti grazie a un insieme di fattori: la capacità di presa in carico dei pazienti da parte dell’Ospedale; l’approccio clinico multidisciplinare; l’apporto delle tecnologie di sequenziamento genetico di ultima generazione; la capacità di fare rete che mette insieme le diverse realtà attive nel mondo delle malattie rare, tanto a livello nazionale, quanto a livello europeo.

Le malattie rare, complessivamente 7/8.000, per definizione colpiscono meno di 1 persona ogni 2.000, ma complessivamente configurano un problema di dimensioni sociali.
Si stima che nel mondo ne siano affette circa 300 milioni di persone, 30 milioni in Europa, probabilmente non meno di 1 milione in Italia. Circa la metà sono pazienti pediatrici, e il 30% di essi ha un’attesa di vita inferiore ai 5 anni.

Circa il 90% delle malattie rare ha un’origine genetica. Il ritardo medio nella diagnosi varia tra i 2 e i 7 anni. Due pazienti su 3 ricevono inizialmente una diagnosi sbagliata.

Negli ultimi anni, al Bambino Gesù, sono stati scoperti 17 nuovi geni malattia (i geni cioè la cui mutazione è causa dell’insorgere della patologia); inoltre, sono state identificate 16 nuove malattie in precedenza non ancora classificate.

La Fondazione Bambino Gesù onlus da due anni dedica la sua principale campagna sociale, Vite Coraggiose, alla raccolta fondi per la ricerca in questo ambito; l’attività coinvolge aziende e privati. L’Ospedale ha aperto il primo ambulatorio dedicato ai pazienti ‘rari’ senza diagnosi.

Il servizio offerto consente alle famiglie di ricevere un primo parere diagnostico qualificato a distanza, senza recarsi in Ospedale. Un’opportunità che consente a quanti sono già gravati dai costi di queste patologie un risparmio di tempo e risorse.

Un gruppo multidisciplinare di specialisti esamina le informazioni ricevute via mail e valuta la necessità di prescrivere o meno ulteriori indagini. Quando non è possibile fornire una risposta diagnostica viene richiesta una valutazione di persona; la visita è eventualmente integrata da riunioni di teleconsulenza bimensili con colleghi di altre sedi, italiane e internazionali.

Al termine di questo percorso clinico, una percentuale significativa dei pazienti che restano senza diagnosi viene avviata alle analisi genomiche.

Sono queste che hanno permesso in circa il 50% dei casi una diagnosi ai bambini affetti da malattie rare. “Questo approccio di ricerca traslazionale – spiega Dallapiccola – ha diverse ricadute pratiche. In primo luogo consente alle famiglie di uscire dall’isolamento della non-diagnosi e di sentirsi parte della comunità; la conoscenza delle basi biologiche della malattia permette di fornire una consulenza genetica mirata, di definire eventuali rischi riproduttivi e di implementare, se necessario, programmi di monitoraggio delle gravidanze a rischio; consente inoltre di attivare programmi di presa in carico più appropriati e, in qualche caso di avviare terapie di precisione. Mi auguro che il modello sperimentato con successo dal nostro Ospedale possa essere replicato in altri centri clinici italiani e che le analisi esomiche entrino nei LEA, nell’interesse dei pazienti, delle loro famiglie e più in generale nella comunità dei malati rari”.

 

 

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