Nell’ipotesi di cooperazione multidisciplinare, ancorché non svolta contestualmente, ogni sanitario è tenuto, oltre che al rispetto dei canoni di diligenza e prudenza connessi alle proprie mansioni, anche all’osservanza degli obblighi derivanti dalla convergenza di tutte le attività poste in essere per il fine comune

La vicenda

Nel 2013 la Corte di Appello di Palermo aveva pronunciato sentenza di non doversi procedere nei confronti di due infermieri, accusati del delitto di lesioni colpose in danno della persona offesa, per intervenuta prescrizione del reato; confermate, invece, le statuizioni civili in favore della parte civile.

Al momento dei fatti gli imputati erano in servizio nella sala esami radiografici del reparto di gastroenterologia di un’ASL locale, in occasione dell’esecuzione di un’endoscopia.

Ebbene, l’accusa era quella di aver malamente posizionato la paziente sul lettino e di aver omesso di vigilare sulla stessa nelle fasi di attesa immediatamente antecedenti l’inizio dell’intervento.

Ed invero, una volta somministrata l’anestesia in vista della operazione, l’anziana paziente cadeva rovinosamente a terra, dal lettino operatorio sul quale era posizionata, riportando un “trauma cranico con emorragia subdurale occipitale, frontale e temporale da ferita lacero contusa”.

Nel confermare la condanna, ai limitati effetti civili, la corte di merito aveva rilevato l’evidente condotta colposa dei due infermieri che avevano omesso di legare la paziente in prossimità dell’inizio dell’intervento diagnostico-terapeutico.

Contro la sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dei due imputati, lamentando l’erronea applicazione della legge, laddove – a sua detta – , nel caso in esame, l’unico soggetto responsabile doveva ritenersi il medico anestesista che, senza ordine del primario operatore, aveva cominciato la fase di sedazione della paziente, mentre gli altri medici erano ancora impegnati in attività preparatoria dell’intervento e nel settaggio degli strumenti.

Ma il ricorso non è stato accolto.

I giudici della Quarta Sezione Penale della Cassazione (n. 30991/2015) hanno confermato la sentenza della corte d’appello, richiamando un principio più volte affermato dalla stessa giurisprudenza di legittimità, in tema di colpa professionale: “qualora ricorra l’ipotesi di cooperazione multidisciplinare, ancorchè non svolta contestualmente, ogni sanitario è tenuto, oltre che al rispetto dei canoni di diligenza e prudenza connessi alle specifiche mansioni svolte, all’osservanza degli obblighi derivanti dalla convergenza di tutte le attività verso il fine comune ed unico. Ne consegue che ogni sanitario non può esimersi dal conoscere e valutare l’attività precedente o contestuale svolta da altro collega, sia pure specialista in altra disciplina, e dal controllarne la correttezza, se del caso ponendo rimedio ad errori altrui che siano evidenti e non settoriali, rilevabili ed emendabili con l’ausilio delle comuni conoscenze scientifiche del professionista medio” (cfr. Cass. Sez. 4, Sentenza n. 46824 del 26/10/2011).

«Il principio richiamato – è stato aggiunto – , sebbene prenda in considerazione la sinergia tra medici in sala operatoria, ben può essere applicato anche al personale paramedico, nei limiti delle competenze per cui è richiesta la loro prestazione».

Ebbene, nel caso di specie, il rispetto di regole di normale prudenza –  come rilevato dal giudice di merito -, avrebbe imposto agli infermieri, una volta messa la paziente sul lettino in una posizione innaturale, sul fianco, ma funzionale all’intervento da svolgere, di legarla immediatamente.

Ovvero era esigibile da parte loro che non perdessero di vista la paziente, accorgendosi in tal modo dello svolgersi delle fasi dell’intervento e quindi della erogazione della anestesia.

La colpevole omissione di tali doverose condotte è stata, pertanto, correttamente ritenuta concausa dell’evento.

La redazione giuridica

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