L’operatrice sanitaria è accusata di omicidio colposo per non aver adottato le misure idonee a prevenire il rischio di una caduta dal letto del paziente poi deceduto

Avrebbe omesso di avvisare il personale medico delle condizioni di disorientamento del paziente. Inoltre, non avrebbe adottato immediate misure idonee a prevenire il rischio di una caduta dal letto di ricovero. Queste le motivazioni in base alle quali il Pm della Procura di Taranto ha chiesto il rinvio a giudizio di un’infermiera 42enne dell’ospedale di Castellaneta.

L’ipotesi di reato a suo carico è di omicidio colposo. Il paziente, infatti, era effettivamente caduto sul pavimento, riportando lesioni cervico midollari che lo avrebbero condotto al decesso per insufficienza respiratoria.

L’episodio, come riporta il Quotidiano di Puglia, risale al dicembre del 2016. L’uomo, 64enne già affetto da cardiopatia dilatativa, si era recato in Pronto Soccorso per una “dispnea ingravescente”. Gli era stato diagnosticato uno scompenso cardiaco congestizio ed era stato ricoverato in Cardiologia per le cure del caso.

L’indomani mattina, tuttavia, era stato trovato nella sua stanza “a tratti disorientato”. Poi aveva accusato un’improvvisa perdita di coscienza cadendo dal letto dov’era seduto e riportando un violento trauma cranico e facciale. Dopo poche ore era sopraggiunto il decesso.

Il successivo esposto presentato dai familiari ai carabinieri aveva portato all’apertura di un fascicolo da parte della Procura del capoluogo pugliese.

Inizialmente erano stati iscritti nel registro degli indagati tutti i sanitari che avevano avuto in cura la vittima. Nello specifico erano finiti sotto inchiesta dieci tra medici e infermieri dei reparti di Cardiologia, Anestesia Rianimazione e Radiologia. Il Pm aveva disposto il sequestro delle cartelle cliniche nonché lo svolgimento dell’esame autoptico.

Gli esiti dell’autopsia hanno individuato la causa della morte in una  “insufficienza respiratoria acuta in lesioni cervico-midollari e trauma cranico, riportati a seguito di caduta”.  La consulenza tecnica ha inoltre evidenziato le responsabilità sanitarie nelle gestione del paziente.

L’infermiera aveva riportato nel suo diario allegato alla cartella clinica che il paziente era “vigile a tratti disorientato”. Secondo il perito questo segno clinico avrebbe dovuto costituire di per sé un elemento sufficiente a intensificare la sorveglianza dell’uomo. L’infermiera, inoltre, avrebbe dovuto “imporre l’allerta del medico di reparto e la messa in atto di provvedimenti anche pratici finalizzati a prevenire l’evento caduta”. Invece, non c’era stato né “un attento monitoraggio clinico del paziente” né “un attento esame neurologico. Inoltre non era stata richiesta alcuna visita medica e non erano stati presi provvedimenti pratici quali “l’impiego di spondine al letto”.

Sulla scorta degli accertamenti medico legali il Pubblico ministero ha quindi chiesto il rinvio a giudizio della sola infermiera in turno di servizio quel mattino in Cardiologia. Per gli altri nove indagati, invece, è stata chiesta l’archiviazione. L’udienza preliminare è fissata per il mese di giugno 2019.

 

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