Il cancro della mammella è una patologia che affligge una discreta percentuale di donne. In tema di invalidità civile merita l’accompagno o solo la pensione? E per quanto tempo? Valutiamo la bontà di una CTU

Spesso mi capita, in qualità di CTU o di CTP di valutare se una paziente con cancro della mammella abbia o meno i requisiti sanitari per il riconoscimento di una indennità di accompagnamento o di una pensione di invalidità.

Vorrei fare “le pulci” di una ctu previdenziale che si allega alla presente.

Questo mio intervento vuole essere di utilità non solo ai cittadini non medici che leggono questo quotidiano, ma anche per i medici che fanno questa attività forense per conto del Tribunale.

Partiamo dal requisito sanitario necessario per il riconoscimento di questo beneficio di legge.

Il medico legale o, comunque, il medico forense incaricato dal Giudice, dovrà riconoscere tale beneficio se il soggetto periziato a causa di una malattia non può deambulare e/o svolgere i comuni atti di base (ADL) della vita quotidiana senza l’aiuto di terzi.

Quali sono questi atti di base della vita quotidiana?

Sono rappresentarsi da quegli atti quotidiani necessari per la cura personale:

  • la mobilità funzionale, spesso riferita a un movimento (spostarsi da un luogo a un altro compiendo le attività): capacità di camminare, salire e scendere dal letto, sedersi o alzarsi dalla sedia;
  • fare un bagno o la doccia (lavare il corpo);
  • vestirsi;
  • nutrirsi in maniera autosufficiente (esclusa la capacità di cucinare, masticare o ingoiare)
  • badare alla propria igiene soprattutto legato alla toilette (andare al bagno, pulirsi da soli, rialzarsi dalla tazza)
  • somministrarsi autonomamente e con regolarità farmaci salvavita

Analizziamo il caso descritto nella ctu allegata. 

Si tratta di un’anziana paziente di 71 anni affetta da cancro della mammella con metastasi ossee diffuse che secondo la CTU ha diritto all’indennità di accompagnamento per i tre mesi di chemioterapia.

La ctu motiva così il riconoscimento:

“La chemioterapia subita dalla ricorrente è stata altamente invalidante per gli effetti collaterali devastanti per il fisico, che hanno comportato la necessità di accudimento costante, soprattutto durante i giorni di somministrazione dei farmaci, durante i quali era costretta a letto ed impossibilitata allo svolgimento di atti elementari della vita quotidiana e, pertanto, ha dovuto essere costantemente assistita”.

Il ragionamento della collega CTU non fa una grinza in quanto, solitamente, nel periodo della chemioterapia, il paziente presenta la c.d. “sindrome da fatigue”, ossia una situazione clinica caratterizzata da tale spossatezza che impedisce al soggetto di compiere anche atti elementari della vita quotidiana.

Nel caso della paziente descritta dalla CTU il periodo concesso è congruo?

Trattasi di una paziente di 71 anni che al momento della visita peritale aveva le seguenti difficoltà funzionali:

“…condizioni generali scarse, deambulazione lenta con appoggio, dispnea per modici sforzi, rachide dolente nei movimenti di flesso estensione o rotazione, notevolmente ridotta la funzione di resistenza ai carichi ed  agli urti;  limitazione funzionale dei movimenti arti inferiori. Sintomatologia dolorosa durante la stazione eretta o durante la deambulazione”.

La clinica descritta dalla collega CTU per questa paziente, affetta da cancro della mammella metastatizzato alle ossa, secondo lo scrivente, deve far riflettere sulle capacità di compiere gli atti di base della vita della perizianda.

Malgrado non l’abbia vista, per questa paziente, malata terminale, ricorrono anche alla visita peritale i requisiti sanitari per la concessione del beneficio di legge dell’Accompagnamento perchè sembra verosimile l’esistenza di un pericolo costante per la sua salute nello svolgimento dei semplici atti della vita quotidiana a motivo di un precario equilibrio della deambulazione, di un grave deficit di forza degli arti e di una verosimile depressione maggiore che ne indebolisce la volontà.

Insomma il giudizio del ctu ci sembra severo in quanto l’accompagnamento doveva essere concesso anche oltre il periodo della chemioterapia e per sempre considerata anche la prognosi del tumore metastatizzato.

A tale conclusione si poteva giungere con una raccolta anamnestica più minuziosa e con la richiesta di eventuale relazione del medico oncologo e del curante.

Dr. Carmelo Galipò

Pres. Accademia della Medicina Legale

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