Una pronuncia della Cassazione ha fornito maggiori chiarimenti riguardo ai cani legati con le catene e alla possibilità di sequestrarli

È legittimo il sequestro di cani legati con le catene? In merito ha fornito chiarimenti la Cassazione con la sentenza numero 50365/2017.
Per i giudici, il sequestro preventivo può scattare ogni volta venga riscontrato il pericolo che una cosa pertinente al reato possa aggravarne o protrarne le conseguenze o possa agevolare la commissione di altri reati.

Pertanto, anche i cani legati con le catene e lasciati soli in un recinto, tenuti in pessime condizioni igienico-sanitarie possono essere sottoposti a sequestro preventivo. Questo è previsto dagli articoli 321 e seguenti del codice di procedura penale.

L’ordinamento, infatti, dà al giudice il potere di disporre tale sequestro in qualsiasi occasione vi sia pericolo che una cosa pertinente al reato possa aggravarne o protrarne le conseguenze.
Tale assunto emerge chiaramente nel caso di specie.
I giudici, infatti, hanno condannato una donna che era imputata dei reati di cui agli articoli 349 e 544-ter del codice penale per aver sottoposto ventiquattro cani a trattamenti pregiudizievoli per la loro salute.
Gli animali erano stati legati agli alberi con catene in pessime condizioni igienico-sanitarie e, pertanto, nelle more del procedimento, sono stati sottoposti a sequestro preventivo.
Nello specifico, i giudici hanno precisato che il pericolo rilevante necessario per l’adozione del sequestro deve essere, oltre che concreto anche inteso in senso oggettivo come probabilità di danno futuro.
Le cose pertinenti al reato, invece, sono anche quelle che risultano legate indirettamente al reato per cui si procede. Questo risulta purché la loro libera disponibilità possa generare il pericolo di aggravamento o di protrazione delle conseguenze del predetto reato o agevolare la commissione di altri reati.

In questo caso i cani legati con le catene e poi sequestrati versavano da tempo in precarie condizioni presso l’abitazione della donna.

Questa, in carcere da giorni, era peraltro l’unica a possedere le chiavi. Inoltre, dodici dei ventiquattro dei cuccioli risultavano dotati di microchip e di sua proprietà.
Tutti questi elementi erano tali da far ritenere configurabile la predetta libera disponibilità.
Pertanto, come confermato anche dalla Cassazione, il sequestro dei cani doveva ritenersi legittimamente disposto.
 
 
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