Si ritorna a parlare della drammatica vicenda di Valeria Lembo. Una seconda inchiesta è stata avviata e vede coinvolta una dottoressa. Nuove accuse anche per tre sanitari già condannati

Sembra non vedere una fine il caso Valeria Lembo, la mamma di 34 anni morta nel 2011 a causa di un sovradosaggio nella chemioterapia.

A dicembre erano stati condannati cinque sanitari del Policlinico di Palermo proprio per il suo decesso.

Adesso, però, si apre una seconda inchiesta su tre medici già condannati, con nuove accuse.

Ora dovranno infatti rispondere di “falsità commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici”.

Non solo. Ci sarebbe una nuova indagata, la caposala di Oncologia del Policlinico di Palermo.

Secondo i giudici che avevano deciso le condanne, il caso Valeria Lembo costituirebbe il più grave errore medico mai registrato nella letteratura scientifica del settore.

Ma ecco cos’era accaduto.

Nel reparto di oncologia, la mattina del 7 dicembre del 2011, venne iniettata una dose di vinblastina dieci volte maggiore alla paziente.

Si trattava di 90 milligrammi al posto di 9.

Tutto accadde per un errore nella prescrizione, e quello zero in più apposto e poi maldestramente cancellato, aveva decretato la morte della giovane donna.

Valeria Lembo è infatti deceduta tra atroci sofferenze durate almeno tre settimane.

La donna, che era alla sua ultima seduta di chemioterapia per un linfoma di Hodgkin, ha lasciato un bambino di sette mesi.

Adesso, la seconda inchiesta, vede indagata la caposala per falsa testimonianza dal sostituto procuratore Francesco Gualtieri.

Secondo la giudice Claudia Rosini che ha poi chiesto nuove indagini, la caposala dichiarò il falso e nascose la verità. La testimone al processo disse di non ricordare le ragioni per le quali aveva richiesto alla farmacia 10 fiale di medicinale chemioterapico.

Non solo. Avrebbe anche negato che l’infermiera le avesse riferito quanta vinblastina le mancasse e che serviva tutta per una paziente.

 

 

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