Il provvedimento, presentato due anni fa, è all’esame della Commissione Giustizia. Il testo prevede la cancellazione dei contributi minimi, dell’assicurazione obbligatoria e dei patti in quota lite

Nelle ultime settimane si è rafforzata la protesta di una larga parte del mondo forense rispetto all’obbligo di iscrizione alla Cassa di categoria, soprattutto alla luce di quelli dei costi dell’ente previdenziale, ritenuti esagerati da molti avvocati.
Eppure, già da due anni è stato presentato in Parlamento un disegno di Legge, all’esame della Commissione giustizia della Camera dei Deputati, che ha l’obiettivo di riordinare la disciplina pensionistica del settore, prevedendo, tra l’altro, l’abolizione dei contributi minimi alla Cassa, così come dell’obbligo di iscrizione.
L’articolo 1 del ddl, in particolare, prevede l’espresso divieto per l’Ente previdenziale di esigere dagli avvocati dei contributi minimi obbligatori o altri versamenti che non siano calcolati in misura percentuale rispetto al reddito percepito dagli iscritti.
La Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense, pertanto, dovrebbe stabilire con proprio regolamento le aliquote da applicare per il calcolo dei contributi, commisurate al reddito degli iscritti. Contestualmente si dovrebbero definire anche le aliquote per le eventuali condizioni temporanee di esenzione o diminuzione a beneficio di soggetti che si trovano in condizioni particolari, indicate dettagliatamente dallo stesso regolamento.
La riforma prevede poi la soppressione pressoché totale dell’articolo 21 della legge n. 247/2012 cancellando, in tal modo, sia l’iscrizione obbligatoria alla Cassa, sia la norma in base alla quale l’esercizio della professione deve essere svolto in maniera effettiva, prevalente, abituale e continuativa pena la cancellazione dall’albo.
Prevista anche l’abolizione dell’ assicurazione obbligatoria, che tornerebbe ad essere facoltativa, lasciando all’avvocato la piena libertà di scegliere se sottoscrivere o meno una polizza. Il provvedimento, infine, propone l’eliminazione del divieto di patti di quota lite, ovvero gli accordi con cui il legale percepisce come compenso una quota del bene oggetto della sua prestazione o della ragione litigiosa.
 

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