La Cassazione si è espressa sull’uso di un telefono cellulare di dubbia provenienza per stabilire se si incorra nel reato di ricettazione

La Corte di Cassazione ha stabilito che l’uso di un cellulare di dubbia provenienza integra il reato di ricettazione. Prevista dall’articolo 648 del codice penale, la ricettazione si ha quando un soggetto acquista cose provenienti da un reato. È punibile con la reclusione da due ad otto anni e della multa da 516 euro a 10.309 euro. Pena che può essere aggravata se il cellulare proviene da crimini come rapina o furto aggravato ed estorsione aggravata. 
La Cassazione si è espressa su un caso giudicato dal Tribunale di Pescara. I giudici abruzzesi hanno assolto un imputato per il reato di ricettazione per l’uso di un cellulare risultato poi rubato, perché pur avendo inserito la scheda sim nel telefono non si poteva accertare che l’imputato fosse consapevole della provenienza illecita del cellulare.
Sentenza confermata anche dalla Corte di appello de l’Aquila. Il Procuratore generale, ritenendo l’assoluzione ingiusta, si è così rivolto alla Corte di Cassazione che ha accolto la richiesta.
Secondo quanto stabilito dalla sentenza 20193 del 27 aprile 2017, l’uomo è colpevole in quanto non è stato in grado di indicare chiaramente la provenienza del cellulare. Questa circostanza secondo la Cassazione è imputabile con la volontà di nascondere la provenienza stessa del cellulare “logicamente spiegabile con un acquisto in mala fede” che comporta l’accusa di ricettazione.
La decisione della Cassazione trova giustificazione anche nel fatto che il cellulare in oggetto è risultato rubato 5 giorni prima che l’imputato inserisse la propria scheda sim. Questo breve arco temporale era da considerarsi “assolutamente ragionevole” per ritenere che l’imputato dovesse avere dei ricordi vivi dell’acquisto del cellulare e il fatto di nascondere la provenienza presupponeva l’illecito.
La Corte di Cassazione accogliendo la richiesta del Procuratore Generale ha rinviato la sentenza alla Corte di appello de l’Aquila, che dovrà esprimersi nuovamente sul caso tenendo conto delle indicazioni dei giudici di cassazione.
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