La Corte di Cassazione stabilisce che la chiamata dell’infermiere non può essere ignorata dal medico di guardia

Secondo quanto stabilito dagli Ermellini con la sentenza n. 21631 depositata il 4 maggio 2017 il medico di guardia non può non rispondere alle richieste di intervento del personale infermieristico, integrando, tale sua condotta, il reato di rifiuto di atti d’ufficio.
Nel caso de quo la Corte territoriale aveva confermato la sentenza di primo grado con la quale un medico di guardia era stato condannato per il reato previsto e punito dall’art. 328 del codice penale.
In particolare, al medico era stato contestato di non essere intervenuto, durante il servizio di guardia notturna presso una Casa di Cura, per visitare un paziente, gravemente malato, limitandosi a prescrivere, con direttive impartite al personale infermieristico, dapprima un farmaco tranquillante e, in seguito, dell’ossigeno, per la riscontrata crisi respiratoria.
All’aggravarsi del suo quadro clinico il paziente decedeva.
Ebbene, la Suprema Corte ha ritenuto del tutto privo di fondamento l’assunto del ricorrente secondo cui la configurabilità del reato di rifiuto di atti d’ufficio ricorre solo nel caso in cui il medico di guardia ometta di recarsi a visitare il paziente presso il proprio domicilio e non anche quando lo stesso presti la propria attività lavorativa presso una struttura ospedaliera in quanto il degente è assistito da personale infermieristico dedito a monitorare le condizioni fisiche ed i parametri vitali del paziente.
In quest’ultimo caso, infatti, la valutazione del medico si fonda su dati clinici e strumentali assai più fondanti rispetto a quelli in possesso del medico di guardia contattato dal paziente direttamente.
Secondo il consolidato orientamento della Suprema Corte, il reato di rifiuto di atti d’ufficio consiste in un reato di pericolo, e per tale ragione la violazione dell’interesse tutelato dalla norma incriminatrice al corretto svolgimento della funzione pubblica ricorre ogni volta che venga denegato un atto non ritardabile alla luce delle esigenze prese in considerazione e protette dall’ordinamento, prescindendosi dal concreto esito della omissione (cfr. ex plurimis, Cass., n. 3599del 1997), nonché dalla circostanza che il paziente non abbia corso alcun pericolo concreto per effetto della condotta omissiva (Cass. n. 14979 del 2012).
Afferma la Corte di Cassazione che “l’elemento oggettivo è integrato dal rifiuto che si verifica non solo a fronte di una richiesta o di un ordine, ma anche quando sussista un’urgenza sostanziale, impositiva del compimento dell’atto in modo tale che l’inerzia del pubblico ufficiale assuma la valenza di rifiuto dell’atto medesimo, e non è integrato solo nell’ipotesi, in cui l’atto, non rivesta ex se la indifferibilità ed urgenza”.
Nel caso de quo la Corte di Appello, secondo gli Ermellini, in sintonia con i principi su enunciati, ha correttamente esaminato e valutato le emergenze processuali, tenendo conto dei rilievi mossi con il gravame ed è pervenuta alla conferma del giudizio di colpevolezza con puntuale e adeguato apparato argomentativo, ritenendo anzitutto estranea al giudizio sulla condotta dell’imputato la circostanza che il paziente fosse poi deceduto e valorizzando le condizioni di urgenza e indifferibilità dell’intervento sanitario richiesto dal personale infermieristico, in una situazione di oggettivo rischio per il paziente, che versava ormai in uno stato di letargia.
In questo caso il medico, e con il precipitare degli eventi, aveva l’obbligo di recarsi immediatamente a visitare il paziente proprio per valutare direttamente la situazione, soprattutto in virtù del fatto che il suo intervento era stato richiesto da soggetti qualificati, perfettamente in grado di valutare la effettiva necessità della presenza del medico.
Appare evidente che non rispondendo alle richieste di intervento del personale infermieristico, il medico non era stato in grado di rilevare il netto peggioramento delle condizioni fisiche del paziente.
La Corte di Cassazione sulla base delle su esposte argomentazioni ha dichiarato inammissibile il ricorso.

Avv. Maria Teresa De Luca

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