Un medico è stato condannato a cinque anni di reclusione per aver compiuto abusi sessuali nel corso di una visita su una paziente. Dovrà anche risarcire la vittima. 

È stato condannato a cinque anni per violenza sessuale su una paziente il medico 63enne A. T., di Palermo, per una vicenda sulla quale ha messo il punto la Corte di Cassazione.

Ma ecco come si sono svolti i fatti.

Il professionista 63enne avrebbe ricevuto una giovane donna mai vista in ospedale, su appuntamento, per una banale ecografia.

A quel punto, avrebbe posto in atto pratiche “invasive”, che il medico condannato a cinque anni per violenza sessuale aveva motivato come necessarie.

La ragione? Aveva prospettato mali molto gravi alla giovane. Prima la necessità di asportarle l’appendice e un ovaio, poi una cirrosi epatica, un versamento nel Douglas, un tumore e altro ancora. Tutte patologie inesistenti che il medico avrebbe inventato per poter approfittare della giovane.

Per questa ragione la Cassazione ha confermato la condanna a cinque anni di reclusione per il medico, accusato di violenza sessuale per aver costretto la donna a subire atti che nulla avevano a che vedere con le sue condizioni.

Il medico avrebbe infatti abusato della propria autorità, derivante dall’esercizio delle sue funzioni. Inoltre, avrebbe approfittato delle condizioni di inferiorità fisica e psichica della giovane che temeva per la sua salute. Specie alla luce delle malattie che il medico aveva ipotizzato.

Il professionista condannato a cinque anni per violenza sessuale ha cercato inutilmente di difendersi.

Ha infatti sostenuto che la giovane avesse interpretato “in modo erroneo” e con una “percezione distorta” la visita di controllo. Non solo. Avrebbe precisato che una cosa era la visita “ufficiale” mentre il resto “era a parte”.

Per la Cassazione, invece, va confermato il verdetto emesso dalla Corte di Appello di Palermo nell’aprile 2017.

All’epoca era stato infatti accertato che l’imputato “aveva costretto la donna a subire pratiche invasive prive di ogni giustificazione diagnostica o necessità terapeutica, poste in essere, senza consenso o preavviso, in modo subdolo e repentino”.

Esami medici e atti di cui peraltro “nessun cenno era stato inserito nel referto medico” consegnato alla giovane.

In primo grado il medico A.T. era stato già condannato. Adessola Suprema Corte lo ha anche condannato a versare duemila euro alla Cassa delle Ammende e a liquidare 3500 euro per le spese legali della vittima.

 

 

 

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