La Cassazione ha fornito chiarimenti in merito alla condotta del cliente poco diligente e alle sue eventuali corresponsabilità con l’avvocato

Il cliente poco diligente è corresponsabile con l’avvocato se ha contribuito così alla verificazione del danno. A stabilirlo è la Corte di Cassazione, terza sezione civile, nell’ordinanza n. 29325/2017.
Per i giudici, infatti, la responsabilità tra cliente poco diligente e avvocato va suddivisa, in quanto anche se il legale non ha trascritto l’atto di citazione, il cliente non ha fatto lo stesso con la sentenza.
Nel caso in esame, i clienti avevano stipulato un contratto preliminare di compravendita immobiliare con una società. Quest’ultima non aveva adempiuto all’obbligo di stipulare il definitivo.
Questi hanno quindi incaricato un avvocato di introdurre domanda di esecuzione in forma specifica dell’obbligo a contrarre, ex art. 2932 c.c..

Il legale, però, pur avendo introdotto al lite, ometteva di trascrivere l’atto di citazione.

Nonostante l’accoglimento della domanda, il successivo fallimento della società ha reso inopponibile quella sentenza al Fallimento. Alla luce della mancata trascrizione dell’atto introduttivo, ciò ha costretto gli attori a rinegoziare con la curatela il trasferimento dell’immobile promesso in vendita a un prezzo più alto rispetto a quello inizialmente concordato nel preliminare.
Questa circostanza ha causato un successivo giudizio risarcitorio intentato dai clienti contro l’avvocato. Giudizio volto al risarcimento del danno patito, indicato nella misura pari al maggior prezzo pagato per la stipula del definitivo.
Costituitosi in giudizio, l’avvocato eccepiva a sua volta che la responsabilità dell’accaduto fosse da ascrivere ai clienti.
Questi, infatti, non avevano provveduto a trascrivere la sentenza che aveva accolto la domanda poiché, così facendo, avrebbero potuto opporla alla curatela del fallimento (dichiarato due anni dopo la pronuncia).
La richiesta risarcitoria è stata accolta sia in primo grado che in appello, ma, a seguito del successivo intervento della Cassazione stimolato dal soccombente, qualcosa è cambiato. La Corte territoriale, infatti, reinvestita della vicenda ha attribuito ai clienti un concorso di colpa pari al 50% nella produzione del danno, riliquidandolo in proporzione.

Nel nuovo giudizio in Cassazione, ambedue le parti hanno la suddivisione della colpa al 50%.

Per il legale, i clienti non avrebbero solo concorso a provocare il danno, bensì lo avrebbero aggravato. Una censura che è stata rifiutata. Questo poiché, come motivato dai giudici d’appello, il concorso di colpa al 50% deriva dall’eguale efficacia causale che ebbe la condotta dei danneggiati rispetto all’omissione del professionista. Insomma, se il cliente poco diligente non mantiene il comportamento diventa corresponsabile.
Si tratta, nel caso di specie, di una concausa di danno, non di un aggravamento dello stesso.
Ciò sia perché la condotta negligente precedette il danno, sia perché senza di essa quest’ultimo non si sarebbe verificato. Ne deriva che la graduazione percentuale della responsabilità operata dal giudice a quo appare corretta.
Contestualmente è stata rigettata anche l’impugnazione dei clienti/danneggiati. Questi hanno contestato la mancata considerazione di una importante circostanza. Ovvero, che all’avvocato era stato affidato anche il compito di trascrivere la sentenza.
Ma il Collegio ha sottolineato la rilevante negligenza dei danneggiati, alla luce della quale è inescusabile che i clienti abbiano atteso ben due anni prima di trascrivere la sentenza.
Infine, anche se fosse stato davvero conferito mandato all’avvocato in tal senso, resterebbe il fatto che qualunque persona diligente, non avrebbe atteso due anni prima di rivolgersi a un altro professionista.
 
 
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