La Legge Cirinnà ha apportato alcuni cambiamenti in merito alla comunione legale dei beni che hanno investito anche i conviventi. Ecco quali sono

In tema di comunione legale dei beni l’approvazione della Legge Cirinnà ha comportato alcuni cambiamenti.

Nello studio n. 196-2017/C, approvato dalla Commissione Studi Civilistici del Notariato, sono infatti stati analizzati alcuni aspetti legali a “Comunione legale, contratto di convivenza e circolazione dei beni dopo la Legge Cirinnà”.

Ebbene, il Consiglio Nazionale del Notariato spiega come la Legge 76/2016 abbia di fatto reso accessibile il regime di comunione legale dei beni anche ai conviventi, ovverosia a chi non è coniugato né civilmente unito.

Pertanto, le persone di stato libero potranno rientrare nel regime patrimoniale della famiglia di fatto, consistente nella comunione legale. Questo andrà a incidere sulla circolazione dei beni, e richiederà la massima attenzione per i Notai.

Come evidenzia lo studio, la legge 76/2016, appare molto selettiva nei requisiti di ammissione alla nuova disciplina.

Non solo. Essa, di fatto, stabilisce un nuovo tipo di convivenza, con regole specifiche, senza però cancellare il diritto generale delle convivenze, nei cui confronti rimane ferma la tutela preesistente.

Alla luce di tali evidenze, ne consegue che la comunione legale dei beni sarà accessibile solo a quelle coppie “di fatto” che, sulla base dei requisiti legali, abbiano registrato la loro convivenza.

Una convivenza che verrebbe così assoggettata alla legge speciale ovvero nella quale i due soggetti abbiano stipulato un contratto di convivenza optando in esso espressamente per la comunione dei beni. Il tutto realizzando la pubblicità dichiarativa prevista dalla legge.

Le coppie unite civilmente, in mancanza di diversa convenzione patrimoniale, ricadranno nel regime della comunione di bene.

Quanto invece alle coppie che costituiscono una “convivenza di fatto”, queste potranno stipulare un contratto di convivenza. Esso potrà contenere “il regime patrimoniale della comunione dei beni, di cui alla sezione III del capo VI del titolo VI del libro primo del codice civile”. Per i conviventi, dunque, la comunione dei beni è solo opzionale.

Dalla data di entrata in vigore della Cirinnà, anche soggetti celibi, o nubili, quindi non coniugati né civilmente uniti potrenno trovarsi in regime di comunione legale dei beni.

E questo con tutto ciò che questo potrà comportare per i terzi (regime di acquisti, termine di rapporti obbligatori instaurati).

Questa novità è molto importante anche per l’operatore del diritto, e soprattutto per il notaio.

Ciò in quanto sorge l’esigenza, nel redigere gli atti, di identificare il regime patrimoniale della (potenziale) famiglia nei confronti di tutti, e non soltanto verso chi sia sposato (o civilmente unito).

Questo potrà avvenire “armonizzando” le regole dell’ordinamento privatistico che non sarebbero state stravolte dalla legge esaminata.

Non solo. Occorre ricordare, secondo lo studio, che accanto al contratto di convivenza esiste, e continua a esistere, un contratto di convivenza di diritto comune. Esso è basato sulla norma generale di cui all’art. 1322 c.c., cioè sulla libertà dei privati di stipulare contratti atipici, purché meritevoli di tutela da parte dell’ordinamento giuridico.

In particolare, quest’ultimo esplicherà i suoi effetti solo tra le parti e non verso terzi (se non nei casi e limiti previsti dalla legge).

Invece, il contratto di convivenza sarà soggetto a una forma di pubblicità “ai fini dell’opponibilità ai terzi” che ne assicurerà la rilevanza per la generalità dei consociati.

Ma non è tutto. Infatti, questo regime di comunione legale opponibile ai terzi potrà instaurarsi solo in presenza di una serie di requisiti.

Laddove dovesse mancarne anche solo uno, si instaurerà solo in termini di rapporto puramente interno alla coppia.

Dovranno possedersi, in primis, i requisiti di cui al co. 36 della Legge Cirinnà.

Ergo, essere “persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da un’unione civile”.

Inoltre, si deve essere parte di una convivenza previamente registrata in anagrafe (co. 37 legge 76/2016) e aver stipulato un contratto di convivenza con i requisiti di forma e sostanza previsti dalla Cirinnà.

In esso, dovrà essere prevista l’adozione del regime patrimoniale della comunione dei beni (che per i conviventi è un regime opzionale).

Infine bisognerà realizzare la pubblicità di cui al co. 52. Essa prevede l’iscrizione in anagrafe, in modo idoneo a realizzare la scienza legale che costituisce l’essenza stessa del fenomeno pubblicitario.

Tutto questo evidenzia l’importanza di un necessario intervento di un professionista abilitato in funzione di controllo.

Secondo lo studio, inoltre, deve ritenersi esclusa la possibilità di scegliere un regime di comunione convenzionale.

Il co. 53 prevede solo la comunione legale. Pertanto, un’eventuale modifica di tale regime, porterebbe solo verso un’ordinaria situazione di appartenenza individuale dei beni.

Altra conferma della tesi dell’esclusività della comunione legale verrebbe dal co. 60, in materia di risoluzione del contratto di convivenza e scioglimento della comunione.

In esso si richiamano le norme sulla comunione dei beni esclusivamente nella versione legale. Ciò a dimostrazione che il legislatore non ha contemplato altro regime.

Inoltre, proprio il regime pubblicitario predisposto dal legislatore dimostrerebbe che la comunione convenzionale non rientra tra le possibilità di scelta affidate ai conviventi.

Sempre secondo lo studio, gli acquisti anteriori al 5 giugno 2016 (data di entrata in vigore della legge) effettuati da persone di stato civile libero, non saranno suscettibili di essere assoggettati retroattivamente al regime di comunione dei beni.

Il Notaio avrà il compito di verificare la presenza di un eventuale regime (legale) di comunione in capo alla persona celibe/nubile che ha davanti, solo con riguardo agli acquisti effettuati successivamente all’entrata in vigore della Cirinnà.

Ancora, l’eventuale regime comunitario non potrà mai riguardare altri beni, se non quelli acquistati successivamente alla realizzazione in anagrafe della pubblicità di legge.

Infatti, l’ordinamento predispone i mezzi per render possibile la conoscenza e ove questi siano stati posti in essere, la “conoscibilità legale” deve ritenersi realizzata.

A volte, però, a tale effetto se ne accompagnano ulteriori di opponibilità ai terzi o costituitivi. Infine, poiché i contratti di convivenza non sono soggetti a pubblicità immobiliare o commerciale, laddove le parti non manifestino “contrario desiderio” essi saranno “rilasciati”.

 

 

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