Quando non esiste una predeterminazione normativa dei limiti delle emissioni, si deve avere riguardo al criterio della normale tollerabilità

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 14467/2017 è intervenuta su una nuova disputa in materia condominiale relativa, in particolare, alle molestie perpetrate dai proprietari di un appartamento nei confronti dei vicini condomini, attraverso le continue emissioni di fumi, odori e rumori.
Confermando le decisioni dei primi due gradi di giudizio, gli Ermellini hanno ritenuto di condannare gli imputati dichiarandoli colpevoli ai sensi dell’articolo n. 674 del codice penale, in materia di getto pericoloso di cose, respingendo l’argomentazione dei ricorrenti in base alla quale tale norma non sarebbe estensibile agli odori. A nulla valeva neppure la considerazione secondo cui si trattava di emissioni di odori di cucina che, per loro natura, non avrebbero integrato i requisiti per la sussistenza del reato. Per la dottrina maggioritaria, infatti, sarebbe necessario “che le emissioni siano atte ad offendere, imbrattare o molestare le persone e che siano vietate dalla legge”.
Secondo la Suprema Corte, il giudice di Appello aveva correttamente escluso la possibilità di pronunciare l’assoluzione per insussistenza del fatto, ritenendo integrata la fattispecie concreta prevista dall’articolo 674 c.p. che comprende anche le emissioni olfattive moleste; inoltre, era stata valutata in maniera congrua “la prova dei fatti raggiunta in primo grado attraverso le testimonianze delle persone offese, definite come chiare, precise, logicamente strutturate, ribadite in sede dibattimentale senza alcuna contraddizione ed esposte senza inutili enfatizzazioni”.
I contrasti di vicinato inoltre non potevano di per sé inficiare la complessiva attendibilità dei condomini offesi i quali avevano dichiarato che quando gli imputati cucinavano, “oltre ai rumori molesti dell’estrattore, il loro appartamento si impregnava dell’odore di sugo e fritti, sembrando di avere la loro cucina in casa”.
I Giudici del Palazzaccio hanno quindi rimarcato che, come precisato più volte dalla giurisprudenza, la contravvenzione prevista dall’art. 674 c.p. “è configurabile anche nel caso di ‘molestie olfattive’ a prescindere dal soggetto emittente con la specificazione che quando non esiste una predeterminazione normativa dei limiti delle emissioni, si deve avere riguardo, al criterio della normale tollerabilità di cui all’art. 844 c.c.”. Nel caso in esame tale tollerabilità è stata ritenuta superata; di qui la decisione di respinfìgere il ricorso presentato

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