Aveva provocato un incidente stradale alla guida del suo furgone, dal quale erano conseguite lesioni personali gravi alla persona offesa, conducente di un altro furgone

Dopo l’impatto, l’imputato aveva proseguito la marcia, dandosi alla fuga e così, omettendo di prestare soccorso alla vittima il cui corpo era rimasto, nel frattempo, incastrato tra i due mezzi. Senonché, in primo grado, l’imputato (conducente del primo furgone), veniva prosciolto per non doversi procedere, stante l’intervenuta rimessione della querela.

Ma in secondo grado, la Corte d’Appello adita pronunciava sentenza di condanna nei suoi confronti per il reato di cui all’art. 189 C.d.S., commi 6 e 7, cioè per essersi dato alla fuga dopo l’incidente, omettendo così di prestare soccorso alla persona offesa.

Il ricorso per Cassazione

Avverso siffatto provvedimento presentava ricorso per Cassazione, a mezzo del proprio difensore di fiducia, denunciando il vizio di motivazione della sentenza impugnata in ordine alla ritenuta sussistenza dell’elemento psicologico del dolo, necessario per la sussistenza dei reati contestati.

Secondo la sua ricostruzione i fatti si erano svolti diversamente.  A seguito dell’incidente, che causava unicamente la rottura dello specchietto retrovisore, l’imputato si era fermato immediatamente, constatando che nessuno si fosse ferito; a quel punto, si vide costretto ad allontanarsi per sfuggire alla violenza della persona offesa, del figlio e del dipendente dello stesso.

In altre parole, egli riprese la marcia soltanto dopo aver verificato che nessuno si fosse fatto male.

Ma i giudici della Cassazione non accolgono i motivi di ricorso e dichiarano inammissibile l’impugnazione, oltre che infondata.

Il codice della strada, all’art. 189 descrive in maniera dettagliata il comportamento che l’utente della strada deve tenere in caso di incidente comunque ricollegabile al suo comportamento, stabilendo un “crescendo” di obblighi in relazione alla maggiore delicatezza delle situazioni che si possono presentare (Sez. 4, n. 9128/2012).

Così è previsto, per quanto qui interessa, l’obbligo di fermarsi in ogni caso, cui si aggiunge, allorché vi siano persone ferite, quello di prestare loro assistenza.

L’inottemperanza all’obbligo di fermarsi è punita con la sanzione amministrativa in caso di incidente con danno alle sole cose e con quella penale della reclusione fino a quattro mesi in caso di incidente con danno alle persone. In tale seconda ipotesi, se il conducente si è dato alla fuga, la norma contempla la possibilità dell’arresto in flagranza nonché la sanzione accessoria della sospensione della patente; la sanzione penale è più grave (reclusione fino ad un anno e multa) per chi non ottempera all’obbligo di prestare assistenza.

Si tratta di comportamenti diversi, lesivi di beni giuridici diversi ed attinenti, nel caso dell’inosservanza dell’obbligo di fermarsi, alla necessità di accertare le modalità dell’incidente e di identificare coloro che rimangono coinvolti in incidenti stradali e, nel caso di omissione di soccorso, a principi di comune solidarietà.

Il reato di fuga dal luogo dell’incidente

Quanto al reato di cui all’art. 189, comma 6 – aggiungono gli Ermellini -, trattasi di un reato omissivo di pericolo, il cui elemento materiale consiste, come si è già osservato, nell’allontanarsi dell’agente dal luogo dell’investimento così da impedire o comunque ostacolare l’accertamento della propria identità personale, l’individuazione del veicolo investitore e la ricostruzione delle modalità dell’incidente.

La stessa Cassazione in passato ha precisato che integra il reato di cui all’art. 189 C.d.S., comma 1 e 6 (cosiddetto reato di “fuga”), la condotta di colui che – in occasione di un incidente ricollegabile al suo comportamento da cui sia derivato un danno alle persone – effettui sul luogo del sinistro una sosta momentanea, senza consentire la propria identificazione, né quella del veicolo.

Infatti il dovere di fermarsi sul posto dell’incidente deve durare per tutto il tempo necessario all’espletamento delle prime indagini rivolte ai fini dell’identificazione del conducente stesso e del veicolo condotto, perché, ove si ritenesse che la durata della prescritta fermata possa essere anche talmente breve da non consentire né l’identificazione del conducente, né quella del veicolo, né lo svolgimento di un qualsiasi accertamento sulle modalità dell’incidente e sulle responsabilità nella causazione del medesimo, la norma stessa sarebbe priva di ratio e di una qualsiasi utilità pratica (così Sez. 4 n. 20235 del 25/1/2001).

L’elemento soggettivo del reato

Ora, ai fini della configurabilità del reato il dolo richiesto deve investire, innanzitutto ed essenzialmente, l’omesso obbligo di fermarsi in relazione all’evento dell’incidente, ove questo sia concretamente idoneo a produrre eventi lesivi, e va apprezzato come eventualmente sussistente avendo riguardo alle circostanze fattuali del caso laddove queste, ben percepite dall’agente, siano univocamente indicative di un incidente idoneo ad arrecare danno alle persone (così questa Sez. 4, n. 863 del 21/11/2007 ).

Ed il dolo richiesto per la punibilità può essere integrato anche dal solo dolo eventuale, non essendo necessario il dolo intenzionale (Sez. 4, n. 3568 del 10/12/2009).

L’obbligo di prestare assistenza

Quanto poi all’obbligo di prestare assistenza (art. 189 C.d.S., comma 7), anche per tale reato è pacifico che l’elemento soggettivo del detto reato ben può essere integrato dal semplice dolo eventuale, cioè dalla consapevolezza del verificarsi di un incidente, riconducibile al proprio comportamento che sia concretamente idoneo a produrre eventi lesivi, non essendo necessario che si debba riscontrare l’esistenza di un effettivo danno alle persone.

Ancora più di recente, la giurisprudenza della cassazione ha ribadito che l’elemento soggettivo del reato di mancata prestazione dell’assistenza occorrente in caso di incidente (art. 189 C.d.S., comma 7), può essere integrato anche dal dolo eventuale, ravvisabile in capo all’agente che, in caso di sinistro comunque ricollegabile al suo comportamento ed avente connotazioni tali da evidenziare, in termini di immediatezza, la probabilità, o anche solo la possibilità, che dall’incidente sia derivato danno alle persone e che queste necessitino di soccorso, non ottemperi all’obbligo di prestare assistenza ai feriti (Sez. 4, n. 33772 del 15/6/2017).

La sussistenza o meno di un effettivo bisogno di aiuto da parte della persona infortunata non è elemento costitutivo del reato che è integrato dal semplice fatto che in caso d’incidente stradale con danni alle persone non si ottemperi all’obbligo di prestare assistenza.

La decisione

Ebbene, nel caso in commento, già i giudici di primo grado avevano rilevato come pacificamente l’imputato non avesse ottemperato all’obbligo di fermarsi, venendo rintracciato solo grazie al fatto che la targa fosse stata rilevata da terzi, e che egli si era perfettamente reso conto di avere concorso a provocare un sinistro stradale.

E, proprio tale consapevolezza ha fatto scattare in capo all’imputato l’obbligo, non adempiuto, di fermarsi e di fornire le proprie generalità, nonché di attendere le forze dell’ordine per contribuire alla ricostruzione dell’evento.

Il fatto che egli avesse abbandonato la scena dell’incidente prima di tale verifica ha comportato, di contro, l’assunzione del rischio che qualcuno avesse riportato lesioni e che avesse bisogno di aiuto.  Si tratta del cosiddetto dolo eventuale.

Può perciò concludersi che ad integrare il reato in parola è sufficiente il mero dolo eventuale, ossia l’aver accettato il rischio che qualcuno fosse in stato di pericolo sul luogo dell’incidente ma decidere ugualmente di darsi alla fuga.

Sabrina Caporale

 

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