Per la Cassazione il congedo parentale intende appagare i bisogni affettivi e relazionali del minore, non quelli puramente fisiologici

Non aveva svolto alcuna attività a favore del figlio durante il periodo di congedo parentale. Con questa motivazione la Corte di appello di l’Aquila aveva respinto il ricorso presentato dal dipendente di una ditta di trasporti in una causa di licenziamento disciplinare.

Il datore di lavoro, infatti, lo aveva allontanato dopo aver appurato, anche attraverso l’ingaggio di una agenzia investigativa, l’abuso del diritto al permesso.

La decisione del Giudice di secondo grado è stata confermata nelle scorse ore anche dalla  Corte di Cassazione, con la sentenza n. 509/2018.

Secondo la normativa, il lavoratore-genitore ha diritto ad astenersi dal lavoro fino ai primi otto anni di vita del bambino. Fino al terzo anno l’indennità è pari al 30% dello stipendio. Il permesso, tuttavia, vale solo se è legato “all’interesse del tutelato”, ovvero il bambino.

Nel caso esaminato, invece, gli Ermellini hanno constatato che il papà aveva adottato una condotta  “contraria alla buona fede”. Inoltre, aveva leso la buona fede del datore, “privato ingiustamente della prestazione lavorativa del dipendente”, oltre che dell’ente previdenziale che eroga la prestazione assistenziale.

Il lavoratore, nel presentare ricorso, aveva sostenuto l’illegittimità del licenziamento. A suo dire, infatti, il congedo non sarebbe stato equiparabile ai permessi per assistere familiari disabili previsti dalla legge 104. Inoltre non era stato accertato che avesse svolto un altro lavoro durante il periodo di congedo.

I Giudici della Suprema Corte, tuttavia, hanno chiarito che non conta ciò che il genitore fa nel tempo da dedicare al figlio. Piuttosto conta quello che non fa nel tempo che avrebbe dovuto dedicare al minore.

L’abuso, pertanto, si configura laddove il genitore trascuri la cura del figlio per dedicarsi a qualunque attività. Non necessariamente deve trattarsi di un altro lavoro. Il congedo, infatti, “non attiene a esigenze puramente fisiologiche del minore”. La sua finalità consiste nell’appagare “i suoi bisogni affettivi e relazionali onde realizzare il pieno sviluppo della sua personalità sin dal momento dell’ingresso in famiglia”.

 

 

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