L’Ordinanza della Cassazione a commento (Cass. civ., Sez. III, Sent., 12­.02­.2015, n. 2761) fornisce interessanti chiarimenti sulla portata probatoria della Consulenza tecnica d’ufficio

La consulenza tecnica d’ufficio ha fisiologicamente lo scopo di fornire un parere che sia di ausilio alla valutazione del Giudice relativamente a particolari cognizioni tecniche.

A volte la C.T.U. può costituire fonte oggettiva di prova, qualora, oltre che valutazione tecnica, costituisca accertamento di particolari situazioni di fatto rilevabili solo attraverso cognizioni tecniche e percepibili esclusivamente attraverso specifiche strumentazioni tecniche.

E’ approdato in Cassazione un caso di invocato pericolo di danno grave ad un immobile derivante dall’impianto fognario condominiale che, nel corso del giudizio, è stato oggetto di Consulenza d’Ufficio.

Il Tribunale di Catania adito in primo grado ha condannato il Condominio a rimuovere l’impianto di scarico e ad eseguire tutti i lavori e le opere indicate dalla consulenza tecnica d’ufficio.

Il Condominio propone appello che viene integralmente rigettato.

Il Condominio ricorre quindi ai Supremi Giudici ribadendo che l’acquisizione della prova del danno e del nesso causale siano state acquisite dalle risultanze della C.T.U. e che quindi l’elaborato tecnico sarebbe stato utilizzato dai Giudici di merito per “indagini esplorative” che invece rientravano nell’onere probatorio delle parti.

Gli Ermellini respingono il ricorso e richiamano in argomento l’orientamento maggioritario (ribadito anche dalle SS.UU. 30175/2011) secondo cui la C.T.U. non rientrando tra i mezzi di prova non può essere utilizzata per esonerare le parti dall’onere probatorio, ma tuttavia il Giudice nella formulazione del quesito può chiedere anche l’accertamento dei fatti che la parte ha dedotto e posto a fondamento della sua domanda il cui accertamento richieda specifiche cognizioni tecniche.

Difatti l’orientamento che si registra sull’argomento è pressoché univoco nell’affermare che la C.T.U. non è riconducibile a mezzo di prova e non esonera le parti dall’onere della prova dei fatti ex art. 2697 c.c., ma comunque al Giudice è consentito conferire al Consulente d’Ufficio non solo l’incarico di valutare i fatti accertati, ma anche di accertare i fatti stessi.

Affinché ciò avvenga la parte deve comunque dedurre i fatti a fondamento del suo diritto e il Giudice deve valutare se l’accertamento in questione richieda specifiche cognizioni tecniche (Cass., 5 ottobre 2006, n. 21412; Cass., 13 marzo 2009, n. 6155; Cass., 2 ottobre 2013, n. 22538).

In tali casi, quindi, la C.T.U. costituisce validamente fonte oggettiva di prova poiché diviene strumento di accertamento di fatti percepibili solamente attraverso determinate cognizioni tecniche.

Salvo e impregiudicato comunque il limite sistematico secondo cui la C.T.U., anche se di tipo percipiente, non può diventare un mezzo sostitutivo dell’onere probatorio gravante sulle parti (Cass. 212/2006; Cass., 27002/2005; Cass., 4993/2004; Cass., 88/2004; Cass., 15448/2003; Cass., 1512/2003; Cass., 11332/2003; Cass., 2802/2000; Cass., 2957/1999; Cass., 321/1999).Fine modulo

Le parti, pertanto, non sono esonerate dall’obbligo di provare i fatti che costituiscono fondamento della domanda giudiziale, e ciò al di là della tipologia della Consulenza tecnica d’Ufficio.

Avv. Emanuela Foligno

 

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