La L. n. 103 del 2017, nota anche come riforma Orlando, ha modificato l’art. 428 c.p.p., cosicché oggi, contro la sentenza di non luogo a procedere è possibile proporre, quale mezzo di impugnazione, soltanto l’appello e non più il ricorso per cassazione

La vicenda

Con il provvedimento del GIP presso il Tribunale di Bergamo, che aveva pronunciato sentenza di non luogo a procedere nei confronti dell’imputato per il reato di abbandono di minore, il Pubblico Ministero proponeva ricorso per Cassazione, deducendo la violazione di legge in relazione agli artt. 591 e 425 c.p.p..
A sua detta, la sentenza impugnata era stata emessa al di fuori dei presupposti normativi per l’emanazione del giudizio di non luogo a procedere, essendo state invece, anticipate le valutazioni sulla responsabilità dell’imputato, che non competono al giudice per l’udienza preliminare.
Ma il Procuratore Generale presso la Corte di cassazione ha chiesto la conversione del ricorso in appello, dovendosi applicare, nel caso di specie, la nuova L. n. 103 del 2017, che ha modificato l’art. 428 c.p.p., stabilendo che contro la sentenza di non luogo a procedere è proponibile solo l’appello e non più il ricorso per cassazione.
Ebbene, i giudici della Suprema Corte hanno stabilito che il ricorso dovesse essere convertito in appello, alla luce della citata novella legislativa, il cui art. 1, comma 38, ha sostituito – a decorrere dal 3 agosto 2017, data dell’entrata in vigore del provvedimento normativo – l’art. 428 c.p.p., comma 1, nella parte in cui prevedeva la ricorribilità della sentenza pronunciata a norma dell’art. 425 c.p.p., stabilendo che la stessa è oggi appellabile dalle parti legittimate, tra le quali il Procuratore Generale.
Ed infatti, il provvedimento impugnato era stato emesso in data successiva all’entrata in vigore della nuova formulazione dell’art. 428 c.p.p., sicché esso è stato ritenuto appellabile e non ricorribile dinanzi alla Corte di Cassazione.

Non si tratta di un ricorso per saltum

Non era neppure configurabile, nel caso di specie, una ipotesi ricorso immediato, c.d. per saltum, posto che, come è stato già affermato dall’ordinanza della Quarta Sezione n. 29520 del 2018 esistono ragioni ostative a tale opzione interpretativa.
Gioca in tal senso, anzitutto, il tenore letterale della disposizione di cui all’art. 569 c.p.p., comma 1: il ricorso per saltum, infatti, è previsto da tale norma solo avverso le sentenze di primo grado e non, quindi, per ogni tipo di decisione del giudice.
E in ogni caso, sul punto la Corte di legittimità ha già affermato che, nel vigente ordinamento processuale, il ricorso per saltum è limitato alla sola fase della cognizione, come si desume dalla lettera del richiamato art. 569 c.p.p., comma 1, che attribuisce tale facoltà alla parte che ha diritto ad appellare la sentenza di primo grado (cfr. Sez. 6 ord. n. 9970 del 15/02/2005) e, dunque, il provvedimento con cui si chiude il giudizio di cognizione di primo grado.
Ulteriore conferma emerge dal confronto tra il testo dell’art. 428 c.p.p., precedente alla modifica legislativa di cui alla L. n. 46 del 2006, e quello attuale, consegnato all’interprete dalla citata novella del 2017.
Ebbene, l’art. 428 c.p.p., ante L. n. 46 del 2006, prevedeva l’appellabilità della sentenza di non luogo a procedere e, al comma 4; prevedeva, altresì, espressamente, anche la possibilità, per il Procuratore della Repubblica, il Procuratore Generale e l’imputato, di proporre ricorso immediato per cassazione a norma dell’art. 569 c.p.p.

Il principio di diritto

Tale possibilità, oggi, «non è stata reintrodotta nel novellato art. 428 c.p.p., nonostante il ripristino dell’appellabilità della sentenza di non luogo a procedere, sicché appare corretto ritenere che il legislatore abbia voluto evitare di ripercorrere le tracce passate della procedura di impugnazione delle sentenze di non luogo a procedere, bensì abbia voluto circoscriverne la possibilità alla cognizione di merito, sottraendo alla Cassazione una porzione non minima di contenzioso, nell’ottica di alleviarne i carichi e diminuirne le competenze non collegate direttamente al suo ruolo di giudice dell’interpretazione nomofilattica».
In conclusione, è stato affermato il seguente principio di diritto: la sentenza di non luogo a procedere emessa, ai sensi dell’art. 425 c.p.p., in epoca successiva all’entrata in vigore della L. n. 103 del 2017, che ha modificato l’art. 428 c.p.p., comma 1, è appellabile e non ricorribile per cassazione, neppure con ricorso per saltum; sicché il ricorso proposto in sede di legittimità avverso tale sentenza deve essere qualificato come appello.

Dott.ssa Sabrina Caporale

 
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