Le cure sessuologiche prima della radioterapia sono un campo di cruciale importanza per la qualità della vita dei pazienti oncologici

La notizia della diagnosi di cancro influenza diversamente l’attività sessuale nei rispettivi generi, ma nel complesso non si considera abbastanza l’importanza cruciale delle cure sessuologiche prima della radioterapia.
Solitamente, l’uomo tende a ridurre l’attività sessuale, per forte smacco alla sua autostima e virilità, mentre la donna tende ad aumentarla per paura di perdere il partner e non essere più in grado di soddisfarlo.
In ogni caso è innegabile che il tempo che intercorre tra la diagnosi e l’inizio delle terapie è una fase molto delicata della vita del paziente oncologico.

In questo vortice di sintomi e pensieri la sessualità è la prima a rimetterci. È per questa ragione che le cure sessuologiche prima della radioterapia sono importantissime.

Lo studio “Sexual qualty of life and needs for sexology care of cancer patients admitted for radiotherapy” condotto da Thierry Almont at al. Presso l’ ”UICT – Oncopole” di Tolosa (Francia) è stato pubblicato sul “The Journal of Sexual Medicine” a febbraio del 2017.
Lo scopo era di evidenziare l’importanza dell’informazione e della consulenza sessuologica in pazienti con diagnosi tumorale prima dell’inizio della radioterapia.

La ricerca ha sottolineato quanto il paziente si senta supportato se è a conoscenza della possibilità di usufruire di cure sessuologiche prima della radioterapia.

Nello studio, il campione finale era costituito da 338 adulti con diagnosi di tumore. In particolare, cancro alla prostata per gli uomini, alla cervice uterina, utero e ovaio per le donne.
Alle pazienti sono stati somministrati il “Survey Questionnaire”. Con questi si indagavano caratteristiche demografiche, tipo di tumore diagnosticato e terapie in atto. Ma anche informazioni date alla paziente dal team medico, attività sessuali, necessità di avere cure in campo sessuale e grado di soddisfazione della vita sessuale.
Il secondo questionario somministrato, il “Sexual quality of life score”, indagava invece la qualità della propria sessualità. Agli uomini sono stati applicati gli stessi questionari, ma adattati al diverso genere.
Ebbene, l’86% delle donne aveva subito altri trattamenti preliminari prima della radioterapia. Il 35% della popolazione reclutata presentava disfunzioni sessuali anche prima della diagnosi.

Dopo la diagnosi di tumore il 30% smetteva di avere rapporti sessuali, mentre un 28% diminuiva sensibilmente l’attività.

Un dato interessante è che una buona parte del genere femminile, invece, è diventata più attiva sessualmente rispetto agli uomini.
Il 51% dei pazienti, dopo la diagnosi di tumore inizia a sviluppare nuove disfunzioni sessuali, per il 77% di essi questa era la prima esperienza di un disturbo sessuale.

Dai questionari è poi emerso che chi aveva un risultato basso al test prima della diagnosi di tumore, otteneva un risultato identico o peggiore dopo la scoperta del cancro.

Insomma, il tipo di disfunzioni sessuali rimane uguale o aumenta con il cancro.
Altro elemento molto importante è che il 40% dei pazienti dopo la scoperta della malattia ha richiesto un supporto sessuologico all’interno della terapia.
Le figure maggiormente contattate sono state, nell’ordine: medico sessuologo, psicologo sessuologo, terapia di coppia e infine i gruppi di sostegno.
Secondo Roberto Genoni, medico e consulente sessuale, la patologia tumorale ha un fortissimo impatto sia fisico sia psicologico.
Queste due componenti sono fondamentali per la sessualità, inevitabilmente compromessa da una diagnosi di tumore.
Da qui la fondamentale importanza delle cure sessuologiche prima della radioterapia.
Il dato interessante è che nello studio in questione, in cui è stato proposto un supporto sessuologico durante il percorso, solo il 40% ha accettato, mentre 138 pazienti si sono addirittura rifiutati.
Questo fa riflettere, perché si tratta di rifiutare di propria iniziativa un aiuto ulteriore a migliorare la propria condizione.

In particolare, le iniziative meno sfruttate di supporto sessuologico sono state la terapia di gruppo e la terapia di coppia.

Ciò avviene per due ragioni. In parte, per timore di parlare della propria sfera intima, ma anche perché la sessualità non viene considerata importante per una buona qualità di vita.
È pensiero comune concentrarsi sul dolore e su ciò che non va, invece che sui piaceri fisici o mentali. Ecco quindi che il sesso viene percepito come fuori luogo in una condizione come il cancro.
Ciò che questo tipo di studi, però, intende evidenziare è che non importa se il paziente prima della diagnosi avesse disfunzioni sessuali: sicuramente con la scoperta della patologia compariranno o si intensificheranno.
Pertanto, scopo di questa ricerca è sottolineare che più precocemente si interviene con un supporto informativo, fisico ed emotivo, maggiore sarà il giovamento nella vita sessuale del paziente oncologico e nella sua vita in generale.
 
 
 
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