1. Premessa. Contenuto e finalità della richiesta risarcitoria nel regime di cui agli artt. 145 e 148 del Codice delle assicurazioni

È noto che la legge n. 990 del 1969, istitutiva dell’assicurazione obbligatoria per la R.c.a., alla quale era collegata l’attribuzione al danneggiato di azione “diretta” nei confronti dell’assicuratore del responsabile, quantunque  già all’epoca finalizzata ad una risoluzione stragiudiziale delle controversie, pur condizionando la proponibilità della domanda giudiziale all’invio della richiesta risarcitoria ed all’infruttuoso decorso di sessanta giorni,  non imponeva un particolare contenuto della stessa. Era infatti consolidato il principio giurisprudenziale secondo cui il contenuto della missiva ben potesse limitarsi a far riferimento esclusivamente al verificarsi di un sinistro, con l’indicazione degli estremi identificativi del veicolo danneggiante, così da porre l’assicuratore in condizione di accertare che il relativo rischio fosse stato effettivamente da lui assicurato.

Un tale orientamento, che consentiva quindi anche all’invio di richieste estremamente generiche di soddisfare la condizione di proponibilità delle domanda posta dalla legge, non è stato scalfito neppure dagli interventi normativi successivi i quali, pur avendo introdotto una più articolata disciplina della fase stragiudiziale, anche mediante la previsione di un più dettagliato contenuto della richiesta (si pensi all’art. 3 della legge n. 39 del 1977, relativa ai soli danni a cose, o all’art. 5 della legge n. 57 del 2001, che estendeva anche ai sinistri con danni alla persona tale più articolata disciplina, imponendo l’obbligo di indicare la descrizione delle circostanze di verificazione del sinistro e di accompagnarla – ai fini dell’accertamento e della valutazione del danno, dai dati relativi all’età, all’attività al reddito del danneggiato, oltre che dalla indicazione dell’entità delle lesioni subite e dall’attestazione medica comprovante l’avvenuta guarigione con o senza postumi permanenti).

Continuò cioè a prevalere una interpretazione non formalistica di queste pur più incisive disposizioni, funzionalizzate a porre l’assicuratore a formulare più agevolmente una offerta congrua, nel senso cioè che anche il loro eventuale mancato rispetto non potesse essere causa di improponibilità della domanda giudiziale: si riteneva cioè che anche la mancata collaborazione del danneggiato nella definizione bonaria della controversa, non gli precludeva la proponibilità della domanda, essendo tale (eventuale) collaborazione strumentale solo alla composizione stragiudiziale della controversia.

  1. Codice delle assicurazioni, innovazioni nella procedura stragiudiziale di risarcimento e riflessi sulla proponibilità della domanda

Il codice delle assicurazioni (d.lgs. n. 209 del 2005) ha innovato in maniera piuttosto incisiva sul quadro sinora sinteticamente descritto, in quanto ha previsto un maggior dettaglio nel contenuto della richiesta risarcitoria (addirittura diversificandola a seconda che si tratti di procedura di risarcimento per così dire “ordinaria”, di cui agli artt. 145 e 148 cod. ass., o di procedura di risarcimento c.d. “diretta”, di cui agli artt. 149 e 150, della quale non ci occupiamo in questa sede), il quale, a seconda dell’interpretazione giurisprudenziale che viene adottata, può produrre riflessi  conseguente estremamente gravose sul danneggiato, il quale potrebbe vedersi eccepire da controparte, ma anche d’ufficio dal giudice, la improponibilità della propria domanda giudiziale di risarcimento.

L’incertezza interpretativa trae origine dal fatto che l’art. 145, primo comma, cod. ass. (intitolato appunto “Proponibilità dell’azione di risarcimento”) stabilisce che l’azione risarcitoria (vale a dire quella “diretta” verso l’assicuratore del responsabile) possa essere proposta solo dopo che siano trascorsi sessanta o novanta giorni (a seconda che si tratti di danno “alle cose” o  (anche) “alla persona”), decorrenti da quello in cui il danneggiato abbia chiesto all’impresa di assicurazione il risarcimento del danno, “avendo osservato le modalità e i contenuti previsti all’articolo 148”.

Ebbene, in considerazione del fatto che tale ultimo articolo indica, al primo comma per le ipotesi di danno alle cose ed al secondo comma per quelle di danno alla persona, il contenuto che la richiesta risarcitoria “deve recare”, potrebbe legittimamente ipotizzarsi che una richiesta incompleta, cioè non contenente tutti gli elementi prescritti, potrebbe comportare la improponibilità della domanda e ciò anche, a rigore, nel caso in cui i dati omessi non impedissero all’assicuratore di formulare una offerta congrua.

Ulteriore incertezza interpretativa scaturisce dal fatto che il comma quinto dell’art. 148 cod. ass. stabilisce che in caso di richiesta incompleta l’assicurazione richieda al danneggiato le necessarie integrazioni: ci si è quindi chiesti se la mancata richiesta di integrazioni da parte dell’assicuratore, lo legittimi ad eccepire validamente la improponibilità della domanda giudiziale, per il solo fatto della originaria incompletezza della domanda, oppure se tale improponibilità sia da escludere in ragione del disinteresse mostrato dall’assicuratore nel conoscere gli elementi non forniti dal danneggiato.

È in questo quadro che si inserisce la recente decisione del Tribunale di Napoli (31 marzo 2015), la quale opta per una impostazione che potremmo definire “formalista” o “rigorista”.

  1. Le posizioni della giurisprudenza tra formalismo e valorizzazione del principio di buona fede e collaborazione tra le parti

Come accennato, le posizioni delle giurisprudenza in materia di riflessi della incompletezza della richiesta stragiudiziale sulla proponibilità della domanda, possono ricondursi a due.

A) La posizione formalistica. Secondo una prima posizione, qualificabile appunto come “formalista” o “rigorista”, adottata anche dal Tribunale di Napoli, e risalente probabilmente al Tribunale di Torino (Trib. Torino, 11 ottobre 2007), la mancata osservanza, nella richiesta stragiudiziale, dei contenuti previsti dall’art. 148 cod. ass., comporterebbe necessariamente la improponibilità della successiva domanda giudiziale, in quanto, a seguito dell’intervento normativo che ha introdotto il combinato disposto degli artt. 145 e 148 cod. ass, la richiesta risarcitoria di cui all’art. 145 rappresenterebbe “un atto formale tipico contemplato dall’ordinamento quale condizione di proponibilità della domanda”. La conseguenza di tale impostazione è molto rigorosa, in quanto secondo il Tribunale anche l’eventuale ininfluenza delle indicazioni omesse sulla possibilità per l’assicuratore di formulare offerta, non varrebbe a sottrarre la domanda alla improponibilità.

In senso analogo, il Tribunale di Roma, nel 2010, aveva ritenuto improponibile la domanda in quanto la richiesta stragiudiziale non era stata accompagnata, come invece richiesto dall’art. 148 cod. ass., da “attestazione medica comprovante l’avvenuta guarigione con o senza postumi permanenti”, anche perché il danneggiato al momento dell’invio della richiesta risultava ancora ricoverato.

Nella stessa prospettiva si pone anche parte della giurisprudenza più recente, che ha affermato come i presupposto di proponibilità della domanda sia ancorato al rispetto dei contenuti imposti dall’art. 148 cod. ass. ed abbia conseguentemente dichiarato improponibile una domanda in quanto la richiesta stragiudiziale era priva di indicazione circa l’attività ed il reddito del danneggiato, né venivano indicate le lesioni subite ed allegata l’attestazione comprovante la guarigione con o senza postumi permanenti (in questo senso Trib. Salerno, 3 luglio 2014). In senso analogo anche una sentenza del Tribunale di Massa (Trib. Massa, 29 luglio 2014), che ha ritenuto improponibile la domanda in considerazione del fatto che il danneggiato non aveva appunto inviato l’attestazione relativa alla avvenuta guarigione ed ha per giunta collegato tale improponibilità al fatto che la richiesta risarcitoria non era stata accompagnata da adeguata documentazione medico legale che consentisse all’assicurazione di apprezzare la presumibile entità delle lesioni, dando così anche un’interpretazione piuttosto rigorosa dell’elemento contenutistico relativo alla indicazione delle “lesioni subite”, avendo il danneggiato inviato esclusivamente certificazioni provenienti da un medico di base.

A tale orientamento rigoroso è senz’altro riconducibile anche la sentenza in commento, la quale, sul presupposto che la disciplina di estremo rigore di cui agli artt. 145 e 148 cod. ass. si ispira alla ratio di consentire all’assicuratore di valutare in maniera immeditata e piena la risarcibilità del danno, ha affermato la improponibilità della domanda proposta dal danneggiato che nella richiesta stragiudiziale di risarcimento, relativo ad un danno alla persona, aveva omesso di indicare i dati relativi alla sua attività e che, inoltre, aveva omesso di unire alla richiesta la dichiarazione di cui all’art. 142, secondo comma, cod. ass. (quella cioè relativa alla spettanza o meno di prestazioni da parte di assicurazioni sociali obbligatorie).

In particolare, poi, la sentenza in commento, aderendo alla impostazione del Tribunale di Roma del 2010 già citato, ritiene che non possa ritenersi rilevante, in senso contrario alla improponibilità, la circostanza che l’assicurazione non abbia richiesto al danneggiato entro trenta giorni dalla ricezione della richiesta incompleta le necessarie integrazioni, come previsto dal quinto comma dell’art. 148 cod. ass.

Ad avviso del Tribunale di Napoli, infatti, tale ultima norma non troverebbe applicazione nelle ipotesi in cui la richiesta sia ab origine generica e carente perché, se così fosse, spostando sull’assicuratore l’onere di indicare al danneggiato le carenze della sua missiva, si vanificherebbe la ratio della modifica legislativa.  In questa prospettiva, il citato quinto comma dell’art. 148 troverebbe invece applicazione nelle ben diverse ipotesi in cui l’incompletezza riguardi alcuni dati o documenti integrativi specifici la cui necessità di acquisizione sorga per l’assicuratore sulla base della “cornice conoscitiva già completa rappresentatagli dal danneggiato” (si fa al riguardo l’esempio, contenuto nella sentenza del Tribunale di Roma del 2010, del caso in cui dalla lettura di una cartella clinica fornita dal danneggiato emerga che lo stesso ha effettuato esami diagnostici non trasmessi all’impresa assicuratrice, la cui conoscenza sia ritenuta invece opportuna).

B) La posizione che valorizza il principio di buona fede e la collaborazione tra le parti. 

A ben vedere è proprio sull’interpretazione dell’obbligo (in quanto così pare debba intendersi) dell’assicuratore di richiedere integrazioni rispetto alle informazioni fornite dal danneggiato, previsto dall’art. 148, quinto comma, cod. ass., che si fonda l’orientamento invece maggiormente elastico, che tende ad evitare, in talune delle circostanze descritte appena sopra, la pesante (anche se non definitiva in quanto la domanda improponibile può comunque essere riproposta , stante anche l’effetto interruttivo della prescrizione della domanda, che si prolunga, almeno ad avviso di parte della giurisprudenza, ai sensi dell’art. 2945, secondo comma, c.c., sino al passaggio in giudicato della sentenza) sanzione della improponibilità della domanda.

Secondo questo orientamento il combinato disposto di cui agli artt. 145 e 148 cod. ass. avrebbe ampliato la portata della condizione di proponibilità ma non tanto in senso oggettivo, bensì in senso soggettivo, richiedendo una partecipazione attiva dell’assicurazione, il cui comportamento non può essere inerte, dovendo senz’altro parametrarsi ai principi della buona fede.

Ne consegue, secondo questa impostazione (si veda in proposito Trib. Palermo, 23 aprile 2012), che l’assicuratore è chiamato dal legislatore a svolgere un ruolo di interlocutore serio e propositivo nell’ambito della fase stragiudiziale così come procedimentalizzata dall’art. 148, con la conseguenza che la eventuale mera incompletezza della richiesta risarcitoria, potendo questa colmata con l’apporto “doveroso” dell’assicuratore, non può costituire un ostacolo alla tutela di diritti fondamentali come quello alla salute.

Ulteriore conseguenza è che la condizione di proponibilità dovrà considerarsi rispettata ogni volta che il danneggiato presenti una richiesta risarcitoria contenente almeno gli elementi essenziali per consentire all’assicurazione una sua valutazione e che il reciproco comportamento delle parti, valutato ex post, risulti rispettoso dei principi di buona fede e correttezza (in tal modo dovrà essere dichiarata improponibile solo la richiesta completamente carente di dati, oppure quella che, originariamente carente, non è stata integrata neppure dopo la doverosa richiesta effettuata in tale senso dall’assicuratore proprio ai sensi del comma quinto dell’art. 148).

L’impostazione qui da ultimo descritta, ispirata ad una valorizzazione della collaborazione tra danneggiato ed assicuratore nella acquisizione di tutte le informazioni ex lege richieste e  non ad una visione formalistica che riconnette automaticamente la improponibilità alla mancanza , nella richiesta risarcitoria, di uno degli elementi previsti dall’art. 148 cod. ass., è stata adottata anche da altre decisioni , le quali hanno ritenuto che l’interpretazione formalistica non sia compatibile con la previsione del quinto comma dell’art. 148, il quale, in questa ottica, imporrebbe all’assicurazione un preciso obbligo di cooperazione a fronte di richieste incomplete (in questo senso, di recente, Trib. Torre Annunziata, 1° settembre 2014.

4. Conclusioni

Il quadro interpretativo descritto appare ancora fluido per l’assenza di un orientamento giurisprudenziale dominante. La situazione è per giunta complicata dal fatto che l’interpretazione meno formalistica, che si ritiene preferibile in quanto valorizza la collaborazione tra le parti (sarebbe ad esempio alquanto scorretto da parte dell’assicuratore “trattare” il sinistro stragiudizialmente nonostante alcune lacune contenutistiche  per poi, nel giudizio incardinato magari a seguito del mancato raggiungimento di accordo stragiudiziale, eccepire l’improponibilità) e riempie meglio di significato la disposizione che preveda all’assicuratore di richiedere le integrazioni opportune (appunto il comma quinto dell’art. 148 cod. ass.), porta con sé alcune ulteriori incertezze interpretative: la richiesta di integrazione rappresenta obbligo per l’assicuratore in tutti i casi di incompletezza della richiesta (e cioè, per mancanza di uno o più dei dati richiesti dall’art. 148) o solo in quelli in cui il dato non sia stato omesso ma richieda, per la miglior valutazione dell’assicuratore, di essere integrato?

Se a tale persistente incertezza interpretativa si aggiunge il dato rappresentato dal fatto che l’orientamento più rigoroso, confermato dalla sentenza in commento, è comunque diffuso, è senza dubbio consigliabile per il danneggiato, il quale voglia evitare di andare incontro a spiacevolissimi esiti di improponibilità della domanda, attenersi pedissequamente ai requisiti contenutistici  di cui all’art. 148 cod. ass.

Avv. Leonardo Bugiolacchi

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