Una perfetta sentenza del Giudice Moriconi del tribunale di Roma che puntualizza con concretezza le criticità delle nuove tabelle di Milano sul danno parentale.

Il danno parentale è da sempre al centro del dibattito giuridico specie per la sua valutazione in termini risarcitori, come anche le tabelle Roma-Milano sono state al centro delle decisioni della Suprema Corte di Cassazione.

Nella sentenza che si allega il Giudice Moriconi ha messo perfettamente in luce le criticità delle nuove tabelle di Milano 2018 sintetizzando quanto segue:

“Emergono due evidenti criticità:

– la prima, specifica, e che salta all’occhio, è il valore inaccettabilmente basso, del tutto contrario al comune sentire, del ristoro per la morte di un fratello o di una sorella;

– la seconda, di carattere generale, è l’eccessiva latitudine dello scostamento fra il valore medio (che secondo le avvertenze dovrebbe costituire il congruo ristoro compensativo normale) e quello massimo. Che rende estremamente incerto e discrezionale, e in quanto tali non prevedibile, il quantum nonché l’esito decisionale del confronto e del conflitto.

Tanto più che nessun criterio obiettivo e predeterminato accompagna le circostanze (pur menzionate nella tabella) che possono determinare l’incremento del valore medio.

Esemplificando e nel caso in esame, dove è provata la convivenza della vittima con i congiunti superstiti, qual sarà il giusto incremento, in un range che consente fino al raddoppio del valore medio (e nel caso della sorella addirittura di sestuplicarlo) ?

Ben più specifiche e predeterminate le tabelle romane che soddisfano pienamente le esigenze segnalate dalla Corte Suprema, di predeterminazione, prevedibilità e pari trattamento dei ristori”.

Si condivide assolutamente la tesi del Giudice romano e si vuole di seguito precisare:

  • Può un valore statistico medio rappresentare il giusto risarcimento?
  • Può dirsi “integralmente risarcito” un danno che parte da questo valore medio per essere aumentato secondo criteri teorici?
  • Si può veramente affermare che il fratello di un defunto soffre di meno di un figlio, di una madre o di un padre o di una moglie o di un marito? E addirittura presumere che un fratello soffre otto volte di meno di un genitore?

Sembra a chi scrive pura follia figlia di tesi irrazionali che vanno anche oltre la moralità.

È evidente che se si vuole generare una “cifra” partendo da preconcetti la tabella romana è molto meno “critica” di quella milanese, ma, al termine di queste riflessioni, si vuole azzardare una diversa metodologia di calcolo per il risarcimento del danno parentale.

Partendo dal massimo risarcimento previsto dalla tabella milanese e non volendolo criticare (come se fosse adeguato) esso deve essere ridotto entro un massimo del 30% (per il concetto che è impossibile, in primis, accertarsi l’assenza di sofferenza del congiunto, in secundis, verificare con parametri meramente logici la differente sofferenza tra congiunti) tenendo conto dei parametri su cui si basano le tabelle romane (preferibilmente) o anche milanesi.

Il tutto perché la sofferenza non è una scacchiera dove muovere delle pedine, ma anche perché non ci si può permettere di far passare il concetto che “ammazzare colposamente qualcuno è rischiare, addirittura, di non pagare o di pagare due spiccioli”!

Dr. Carmelo Galipò

(Pres. Accademia della Medicina legale)

 

 

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