L’elemento fondamentale, ai fini del riconoscimento di un danno da sofferenza terminale (agonia), si basa sul riconoscimento o comunque sulla “presunzione” tecnicamente compatibile con l’evento, dell’avvenuta percezione e consapevolezza della  morte imminente.

Agonia pre-mortem, durata della sopravvivenza dopo grave evento traumatico, risarcibilità del danno tanatologico, al centro delle riflessioni del dr. Enrico Pedoja, segretario della SMLT che si allegano in calce.

L’agonia del soggetto che vive coscientemente il sopraggiungere della morte è un danno iure proprio della vittima primaria che va accertata medico legalmente e che presenta diverse sfaccettature che il medico legale deve rappresentare al giudice che, su tale tematica, così si riferisce al ctu:

“Esaminati gli atti di causa il CTU compia le seguenti indagini:

  1. Nesso di causalità: verifichi la sussistenza del nesso di causalità tra il decesso del sig. ….ed il sinistro per cui è causa.
  2. Sopravvivenza: indichi la durata della sopravvivenza conseguente al sinistro fino all’exitus, nonché dica se ricorrano in concreto circostanze particolari idonee ad incidere sulla valutazione della sofferenza soggettiva collegata al danno biologico temporaneo del soggetto poi defunto, descrivendole in caso di risposta positiva.
  3. Stato di coscienza: accerti, sulla scorta dei documenti prodotti in causa, della cartella clinica e delle eventuali informazioni assunte da terzi, se il soggetto sia stato cosciente o abbia avuto momenti di lucidità fra il momento del sinistro e quello del conseguente decesso”.

Questi quesiti riflettono, in sostanza, il contenuto del pensiero del collega Pedoja dove si fissano concetti essenziali che di seguito si riportano:

“…Il punto fondamentale riguarda dunque il concetto di percezione dell’evento e la consapevolezza del fine vita risultando di scarso rilievo il periodo cronologico in cui collocare il momento di percezione dell’evento catastrofale, cioè la morte, che può quindi ancorarsi al concetto di agonia: agonia che può essere definita “rapida” (ovvero percepita anche in un brevissimo arco temporale di uno o più minuti) ovvero “lenta” in quanto apprezzabile in un arco temporale più prolungato o in taluni casi concretizzarsi in maniera cosciente e consapevole, dopo una malattia più o meno prolungata, che ovviamente avrà un’autonoma ricaduta di ordine quantitativo in rapporto al perdurare del grado di disfunzionalità del “bene salute”….

…Stabilito il presupposto probatorio tecnico di un’avvenuta “percezione” di un danno terminale, il problema verte dunque sul riconoscimento del grado di sofferenza evento/lesione correlata e sulla durata ed entità di detta sofferenza, dovendosi considerare che tale componente può presentare solamente aspetti di natura “psichica” (paura con gravissimo disturbo emotivo per la percezione della morte inevitabile) ovvero essere accompagnata da aspetti di natura nocicettiva (per associata presuntiva componente di dolore fisico)…

…Adottare un parametro risarcitorio di ordine “cronologico” , cioè ancorato esclusivamente a criteri “quantitativi temporali” , cui far corrispondere il danno terminale, può non essere esaustivo nella determinazione di un “equo risarcimento” del danno terminale, mancando , in molte fattispecie , l’apprezzamento risarcitorio  della componente “qualitativa” del danno , concretizzabile anche in un arco di tempo minimale (e quindi  tale da determinare la percezione consapevole di un “evento catastrofale imminente”), trattandosi, al contrario, di espressione di autonoma sofferenza – psichica e/o fisica  dovuta ad una “agonia” premortale (come ad esempio potrebbe verificarsi in caso di morte in corso di incidente aereo per precipitazione , ovvero per morte conseguente a lenza e progressiva anemizzazione, ovvero a morte conseguente ad avvelenamento o intossicazione, oppure in caso di gravissime ustioni, oppure in caso di  morte da annegamento o per  asfissia  per spazio confinato etc.)…

…La distinzione tra danno-conseguenza per una “disfunzionalità“ post traumatica (componente quantitativa) e sofferenza correlata (componente “qualitativa”) non può non valere – in osservanza agli attuali orientamenti SIMLA –  anche in caso della percezione, anche solo tecnicamente presunta, dell’evento morte e, quindi, tale da richiedere distinti parametri di liquidazione nel contesto dello stesso “danno terminale“.

E quindi, come liquidare il danno terminale?

La riflessione del collega dr. Pedoja è assolutamente condivisibile in quanto stimola alla personalizzazione del danno terminale prevedendo più componenti da valutare per far sì che la liquidazione sia più equa possibile e che allo stesso tempo potrà essere comunque unitaria.

Insomma valutare la componente fisica e quella psichica della sofferenza agonica non può che essere la risposta giusta in grado di personalizzare, o meglio, completare una soggettiva valutazione economica di tale danno legata esclusivamente al periodo di sofferenza vissuta.

Dr. Carmelo Galipò

(Pres. Accademia della Medicina Legale)

LEGGI LA RIFLESSIONE DEL DR. ENRICO PEDOJA 

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