Una sentenza della Corte di Cassazione ha fornito precisazioni importanti in merito alla decadenza dai benefici per la prima casa

Per quel che concerne la decadenza dai benefici per la prima casa, la Corte di Cassazione ha fornito dei chiarimenti importanti con la pronuncia n. 1588 del 23 gennaio 2018.

Per i giudici, infatti, il mancato stabilimento nei termini di legge della residenza non comporta la decadenza dai benefici per la prima casa solo qualora l’evento sia dovuto a causa di forza maggiore sopravvenuta rispetto alla stipula dell’acquisto.

Nel caso di specie esaminato dai giudici, era protagonista una coppia. Questa aveva impugnato gli avvisi di liquidazione con cui l’Agenzia delle Entrate le aveva contestato la decadenza dai benefici per la prima casa.

Ciò era avvenuto a causa del mancato trasferimento della residenza nel Comune dove era ubicato l’immobile, nel termine di 18 mesi dall’acquisto dello stesso.

Ebbene, l’impugnazione era stata accolta in primo grado e la sentenza era stata confermata anche in grado d’appello. Pertanto, l’Agenzia delle Entrate aveva deciso di rivolgersi alla Corte di Cassazione.

Per il giudice d’appello, infatti, dagli accertamenti era emersa la “buona fede dei contribuenti”.

Questo poiché il progetto abitativo degli stessi si era realizzato con 5 mesi di ritardo. Un ritardo addebitabile in via esclusiva all’impresa costruttrice.

Tuttavia, la Cassazione non ha aderito alle considerazioni del giudice di secondo grado.

Per tale ragione è stato accolto il ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate, in quanto fondato.

In tema di imposta di registro, l’art. 2 del decreto legge n. 12 del 1985 (“Misure finanziarie in favore delle aree ad alta tensione abitativa”), afferma quanto segue.

Si “richiede, per la fruizione dei benefici cd. prima casa, previsti in caso di acquisto di immobile in altro Comune, che il compratore vi trasferisca la residenza, rilevante ai fini del godimento dell’agevolazione, entro il termine di diciotto mesi dall’acquisto”.

Non solo.

Questo trasferimento, per la Cassazione, rappresenta un obbligo del contribuenti verso il fisco.

E aggiunge che “dovendosi però tenere conto di eventuali ostacoli nell’adempimento di tale obbligazione, caratterizzati dalla non imputabilità alla parte obbligata e dall’inevitabilità ed imprevedibilità dell’evento”.

Pertanto, “il mancato stabilimento nei termini di legge della residenza non comporta la decadenza dall’agevolazione, solo qualora tale evento sia dovuto a causa di forza maggiore sopravvenuta rispetto alla stipula dell’acquisto”.

In merito invece al principio di “forza maggiore”, ecco cosa intende la Cassazione.

Un “evento non prevedibile, che sopraggiunge inaspettato e sovrastante la volontà del contribuente di ‘abitare’ nella prima casa entro il termine suddetto”.

Ebbene, nel caso di specie, secondo la Cassazione, il giudice di secondo grado aveva errato nel considerare una causa di “forza maggiore” il ritardo nei lavori di costruzione dell’immobile.

Questo in quanto tale situazione non integra le caratteristiche di tale esimente.

La stesso Corte, poi, con la sentenza n. 2527 del 2014, ha precisato quanto segue.

Ovvero che “il rilascio del certificato di abitabilità non rileva ai fini della normativa di cui al D.P.R. n. 131 del 1986, che richiede, quale condizione per fruire dei benefici fiscali, il trasferimento della residenza nel Comune ove è ubicato l’immobile, e non (…) che l’immobile acquistato venga adibito a propria abitazione”.

Pertanto, la Corte ha accolto il ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate, rigettando l’impugnazione degli avvisi di liquidazione proposta dai contribuenti.

 

 

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