Il caso, risalente al 2010, aveva riguardato un bimbo morto durante il parto cesareo. Il professionista era già stato condannato in primo grado.

Era deceduto durante il parto nel 2010 il figlio di una coppia originaria di San Valentino Torio (Salerno) e, per questa vicenda, alla sbarra era finito il primario di ginecologia dell’ospedale “Martiri del Villa Malta” di Sarno.

L’accusa di omicidio colposo è stata ora confermata anche in appello. Il primario è stato condannato a 9 mesi per non aver praticato il cesareo su un feto sofferente. Una tesi adesso confermata in secondo grado.

Per i consulenti nominati dai giudici di secondo grado, infatti, il primario avrebbe potuto evitare la morte del piccolo deceduto durante il parto.

La seconda perizia, chiesta dai legali del sanitario e depositata agli atti nel gennaio scorso dai medici Pierantonio Ricci e Giuseppe Saggese, conferma in parte quanto già era stato detto nella prima consulenza.

Quest’ultima era stata firmata dai dottori Giovanni Zotti e Giuseppe De Masellis. I due erano stati incaricati nel 2010 dal Tribunale di Nocera Inferiore.

Il primario già nel 2015 era stato condannato in primo grado a 9 mesi di reclusione (pena sospesa) oltre al pagamento delle spese processuali con la condizionale al risarcimento del danno in favore delle parti civili costituite. Il risarcimento ammontava a circa 25 mila euro per ciascuno dei genitori.

Il fatto

L’episodio è avvenuto il 13 ottobre 2010.

In base alle ricostruzioni dei giudici di primo grado e dai tracciati cardiotocografici riferibili ai momenti precedenti al parto, il decesso del feto sarebbe dunque da attribuire ad una sofferenza determinata dall’insufficienza placentare legata a un processo di tipo ipossico-ischemico. Pertanto, l’accusa per il medico sarebbe di non essere intervenuto tempestivamente eseguendo il cesareo.

Alla luce di tali evidenze, gli avvocati della coppia – Antonello Manuel Rega e Filomena Annunziata – hanno chiesto la conferma della condanna anche in secondo grado.

La sentenza è stata quindi confermata a seguito del processo davanti alla Corte di Appello di Salerno.

 

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