Anaao Assomed e Gimbe commentano i dati sulla spesa sanitaria italiana illustrati nel Documento di Economia e Finanza presentato dal Governo

Il Governo Renzi ha presentato il DEF 2016. Nel documento, oltre alle previsioni di spesa per l’anno in corso, si delineano anche quelle per il triennio prossimo.

Il giudizio, però, specie per quel che riguarda il segmento della spesa sanitaria, non è propriamente positivo. L’associazione dei medici e dei dirigenti del Ssn, ad esempio, parla di un “documento criptico” che, di fatto, lascia la sanità in stand by. Critica anche la fondazione Gimbe che con il suo presidente Cartabellotta parla di un vero e proprio “colpo di grazie” assestato al Ssn, perché conferma un trend di progressivo definanziamento.

Il commento di Anaao Assomed. “Un DEF 2016 criptico” lo ha definito il Segretario Nazionale Anaao Assomed, Costantino Troise che spiega così le sue parole: “lascia in stand by un settore che, pur scontando ancora margini per un recupero di efficienza, deve affrontare costi crescenti per garantire adeguata assistenza ad una popolazione sempre più longeva e complessa dal punto di vista dello stato di salute. E continua a giocare tra spesa e finanziamento nascondendo le carte ed il cerino tra Governo e Regioni.

Chiara la previsione della spesa sanitaria, in crescita inferiore al PIL nominale, in discesa in rapporto al PIL fino al punto di non ritorno del 6,5%. Sempre più distante dai livelli di spesa dei maggiori paesi europei, vero spartiacque tra i sistemi sanitari dell’Europa occidentale e quelli dei paesi meno sviluppati. E non basterà inventare mega Asl, dagli esiti incerti anche sul risanamento dei conti, o applicare i mitici costi standard anche al prezzo di quella siringa assurta a simbolo della sanità italiana, o sperare in una evaporazione dei comportamenti di medicina difensiva con l’approvazione del ddl sulla responsabilità professionale, pure prevista dal DEF.
Gli indicatori di salute della popolazione cominciano a volgere al peggio e diversi segnali denunciano una corsa della sanità italiana verso gli Usa passando per la Grecia, con milioni di cittadini espulsi dalla assistenza sanitaria ed il fiorire di iniziative private nei supermercati. Questo sì che è di sinistra, altro che l’intramoenia.

In mancanza di investimenti la sanità diventa un laboratorio dove si sperimentano soluzioni privatistiche non più striscianti, un puro aggregato di beni e servizi, costretta a rincorrere di anno in anno le ragioni della propria esistenza lungo un piano inclinato alla fine del quale la salute si ritroverà diritto esigibile dai cittadini in base alla residenza ed al censo.

Le aspettative di Medici e dirigenti sanitari dipendenti restano, dopo 7 anni di blocco contrattuale, al palo, ad aspettare il godot di un contratto espulso dal linguaggio della politica e annichilito nei documenti contabili. Nessuna meraviglia: se le risorse umane sono un costo, rientrano a pieno titolo nella spending review, non negli investimenti.

In assenza di certezze affidate alla prossima legge di stabilità, il rimpallo tra Governo e Regioni sui tagli di spesa rischia di scaricarsi sulla salute dei cittadini e sul lavoro dei professionisti”.

Cosa ne pensa la fondazione Gimbe. Giudizio negativo anche per Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione Gimbe: «Le previsioni del DEF – spiega Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – sono uno specchietto per le allodole, perché negli ultimi anni la sanità ha ricevuto sempre meno di quanto previsto dal documento programmatico del Tesoro. L’esempio del 2016 è paradigmatico: dai 117,6 miliardi stimati dal DEF 2013, siamo scesi a 116,1 con il DEF 2014 e a 113,4 con il DEF 2015, per arrivare a un finanziamento reale di 111 miliardi, comprensivi di 800 milioni da destinare ai nuovi LEA».

«Se le stime del DEF su aumento del PIL e spesa sanitaria sono corrette – continua il Presidente – al di là di slogan populisti e promesse vane, la chiave di lettura è solo una: crescendo meno del PIL nominale, la spesa sanitaria non coprirà nemmeno l’aumento dei prezzi. Di conseguenza la sanità pubblica, a parità di potere di acquisto, nel prossimo triennio disporrà delle stesse risorse solo se la ripresa economica del Paese raggiungerà previsioni più che ambiziose. In caso negativo, sul SSN non potranno che abbattersi ulteriori tagli».

Ma il dato più preoccupante è che, secondo le stime del DEF, nel triennio 2017-2019 il rapporto tra spesa sanitaria e PIL decrescerà dello 0,1% anno, attestandosi al 6,5% nel 2019.

«Il 6,5% è una soglia d’allarme – precisa Cartabellotta – che desta enormi preoccupazioni per la salute dei cittadini, al di sotto della quale secondo le stime dell’OMS si riduce l’aspettativa di vita. Finiremmo in fondo ai paesi OCSE, dopo essere già stati richiamati, con la revisione del SSN di gennaio 2015, a “garantire che gli sforzi in atto per contenere la spesa sanitaria non vadano a intaccare la qualità dell’assistenza”».

Tutto questo avviene in un clima di grande sintonia tra Stato e Regioni: infatti le previsioni del DEF tengono conto dell’intesa Stato-Regioni dello scorso 11 febbraio, che ha permesso al “contributo alla finanza pubblica […] nel rispetto dei livelli essenziali di assistenza” previsto dal comma 680 della Legge di Stabilità di trasformarsi nel DEF 2016 in “contributo del Servizio Sanitario Nazionale alla complessiva manovra a carico delle Regioni definita dalla Legge di Stabilità 2016”, concretizzando anche i desiderata delle Regioni.

Infatti, il comma 680 della Legge di Stabilità rimandava al 31 gennaio di ogni anno la proposta delle Regioni sul contributo alla finanza pubblica, lasciando ulteriori margini di recupero di risorse per la Sanità. L’Intesa Stato-Regioni dell’11 febbraio, rideterminando il fabbisogno sanitario nazionale in 113 miliardi per il 2017 e in 115 miliardi per il 2018, da un lato ha fornito ragionevoli certezze alle Regioni, dall’altro ha sancito che il contributo alla finanza pubblica per gli anni 2017-2019 graverà quasi del tutto sulle spalle della Sanità (3,5 miliardi per il 2017 e 5 miliardi per il 2018 e 2019), assolvendo le Regioni dal compito di presentare proposte e il Governo da quello di valutarle, fatta eccezione per i residuali 480 milioni.

«In un ottica di finanza pubblica – conclude Cartabellotta – siamo indubbiamente di fronte ad una strategica intesa Stato-Regioni, oculatamente non data in pasto ai media. Secondo una prospettiva di sanità pubblica, l’11 febbraio 2016 rischia di passare alla storia come la data in cui Stato e Regioni hanno assestato il colpo di grazia al SSN».

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