Certo che il colpo di frusta cervicale è sempre un argomento al centro dell’attenzione, ma la cultura giuridica e quella medico legale sono veramente differenti e non parimenti disponibili a ‘contaminarsi’ l’una con l’altra: il medico legale di spessore ha cultura giuridica, il giudice difficilmente ha cultura medica. E questo appare logico in quanto il medico legale è ‘al servizio’ del giudice, mentre quest’ultimo non è ausiliario del medico legale. Ergo il medico legale di spessore sente l’esigenza di conoscere il diritto per servire meglio la giustizia e il giudice, mentre il giudice si serve del medico legale per fare giustizia.
Dimostrazione di tale assunto sono le due sentenze allegate in calce che parlano di risarcimento del ‘mitico’ colpo di frusta. Stesso argomento, differenti conclusioni; stesso argomento, differente umiltà dei giudici e differente conoscenza della medicina legale (e quindi del suo valore). Argomentazioni diverse per due conclusioni agli antipodi: una razionale e pervasa dalla consapevolezza dell’importanza del sussidio medico legale e l’altra senza logica e costruita sulla agnosia (dal grego a-gnosis, non conoscere) tecnica.
Inoltre, due interpretazioni diverse della stessa legge: una contrastante con le ultime decisioni giurisprudenziali di Cassazione, l’altra basata sulla validità scientifica della criteriologia medico-legale che, da sola, può ben interpretare la volontà del legislatore sul significato di “accertamento visivo-strumentale” del D.L. 24 gennaio 2012 n. 1.
Ma entriamo nello specifico della sentenza del Tribunale di Roma dove il Giudice, oltre alla sua interpretazione della legge del 2012, dà saggio delle sue conoscenze medico legali afferma che:
1) in sede di P.S., all’atto delle dimissioni, veniva prescritta una TAC cranica che l’attore, pur avendola eseguita, non aveva depositato in atti;
2) i postumi invalidanti descritti dal CTU (sindrome cefalalgica, limitazione dei movimenti articolari e stato ansioso reattivo) non sono strumentalmente accertati e lo stato ansioso reattivo non è dimostrato dall’assunzione di una terapia farmacologica;
3) la cicatrice in sede occipitale in considerazione della topografia non è da ritenersi danno estetico.
Premettendo di non avere a disposizione la CTU o, comunque, la documentazione sanitaria in atti, ci è difficile comprendere per quali ragioni, secondo il giudice, la TAC cranica sarebbe stata necessaria per accertare il danno al rachide cervicale quando essa serve per valutare eventuali fratture ossee della teca cranica e lesioni cerebrali. Non si capisce, insomma, come il giudice pretenda di accertare strumentalmente la riduzione dei movimenti del collo, benché essi non siano legati esclusivamente alle fratture ossee, ma a lesioni articolari e muscolo-tendinee che causano stop antalgici.
Infine, è concetto sorprendente, per usare un eufemismo, che gli esiti cicatriziali si pagano solo se procurano un danno estetico! A seguire questo filo illogico, il danno anatomico non esiste e, nel caso de quo, non serve neanche a testimoniare la seria concussione subita dal tratto cervicale e in grado, da sola, di giustificare la verosimile distrazione dei mm. cervicali.
Poi, cari colleghi medico legali, sappiate che i postumi permanenti dopo cinque anni spariscono e subentrano postumi legati a fattori estranei al sinistro che ha provocato lesioni dei quali comunque non si ha prova.
In conclusione, possiamo sommessamente esprimere un auspicio? Un giudice – prima di giungere a conclusioni distorsive dei più elementari assunti della medicina legale e frutto di fuorvianti pre-concetti – dovrebbe far tesoro dei consigli di un tecnico. Quest’ultimo, se dotato di sufficiente cultura ed esperienza, potrà aiutarlo a declinare nei dovuti modi il concetto di nesso di causalità materiale e, financo, dargli buoni consigli spendibili anche sul piano giuridico.
Comunque, ‘viva’ il colpo di frusta cervicale che ci permette di scrivere fiumi di parole e abbasso chi vuole eliminare una voce di danno che affligge decine di migliaia di persone vittime di un “banale” tamponamento.

Dr. Carmelo Galipò

(Pres. Accademia della Medicina Legale)

SCARICA QUI LA SENTENZA DEL TRIBUNALE DI RIMINI

SCARICA QUI LA SENTENZA DEL TRIBUNALE DI ROMA

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