L’imputato riteneva che il reato di maltrattamenti in famiglia non potesse essere integrato da quattro episodi sporadici sostanziatisi in epiteti volgari rivolti alla moglie

Era stato condannato in primo grado per il reato di maltrattamenti in danno della moglie alla quale aveva rivolto epiteti volgari. L’uomo si era visto riconoscere in sede di appello una riduzione della pena, ma la Corte territoriale aveva confermato la condanna

L’imputato aveva quindi impugnato la sentenza davanti alla Suprema Corte, chiedendone l’annullamento. In particolare, lamentava violazione di legge in relazione all’articolo 572 del codice penale. A suo giudizio la Corte di appello aveva ritenuto integrato il reato nonostante si trattasse di quattro episodi sporadici commessi in un brevissimo arco temporale. Tali condotte, inoltre, si limitavano a epiteti volgari. Solamente in un’occasione, a seguito di un litigio, avevano provocato una caduta della persona offesa.

La Corte di Cassazione, tuttavia, con la sentenza n. 54053/2018, ha ritenuto di non aderire alle motivazioni proposte, dichiarando il ricorso inammissibile.

Le doglianze dell’imputato, infatti riproducevano in sostanze le argomentazioni già presentate davanti ai Giudici di merito e dagli stessi ampiamente vagliate e correttamente disattese. Inoltre erano rivolte a sollecitare una rivisitazione meramente fattuale delle risultanze processuali e, dunque, una valutazione alternativa delle fonti di prova.

Gli Ermellini, tuttavia, hanno evidenziato come il Giudice a quo avesse dato conto “della piena attendibilità del narrato della persona offesa”.

Questa era stata peraltro confermata dalla certificazione medica e dalla prima dichiarazione della figlia della coppia.

La Corte territoriale aveva attentamente ricostruito la materialità del fatto con l’indicazione degli specifici comportamenti stimati integrativi della fattispecie. Il Giudice di secondo grado, inoltre, si era soffermato sulle ragioni della ritenuta sussistenza del requisito dell’abitualità delle condotte maltrattanti e dell’elemento soggettivo.

Quanto all’elemento oggettivo i Giudici del Palazzaccio hanno poi ribadito che il reato di maltrattamenti in famiglia è integrato dal compimento di più atti, delittuosi o meno, di natura vessatoria che determinano sofferenze fisiche o morali, realizzati in momenti successivi. Non è necessario che i comportamenti vengano posti in essere per un tempo prolungato essendo, invece, sufficiente la loro ripetizione, anche se per un limitato periodo di tempo.

 

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