In caso di prestazione diagnostica o di cura  urgente, il paziente costretto a sottoporsi a esame a pagamento ha diritto al rimborso

Il Giudice di Pace di Lecce ha condannato la Regione Puglia al risarcimento delle spese per un esame a pagamento eseguito privatamente da un paziente; la Asl di Lecce e Brindisi, infatti, non aveva garantito la fissazione della prestazione diagnostica in tempi congrui a causa delle lunghe liste di attesa.

L’Ente regionale dovrà quindi corrispondere la cifra di 1.802 euro a all’uomo, affetto da patologia oncologica e dotato di esenzione ticket.

La decisione del giudice si è fondata sulla certificazione medica prodotta oltre che su prove testimoniali. Il paziente, nel mese di luglio 2016, aveva presentato la necessità di eseguire l’esame diagnostico PET-TAC, come da prescrizione medica rilasciata dal medico specialista.

L’uomo, come si evince dalla sentenza, aveva tentato di “eseguire il predetto esame nella struttura pubblica o in quelle private ma convenzionate”. Tuttavia, nessuno di tali centri gli aveva consentito di eseguire l’esame tempestivamente.

Pertanto era stato costretto a rivolgersi a un Centro di Medicina Nucleare privato e a pagamento.

“In materia di assistenza sanitaria indiretta la domanda di un assistito del Servizio Sanitario Nazionale ha come fondamento il diritto soggettivo perfetto alla salute”. Così specifica il Giudice di Pace nella sentenza, sottolineando come tale diritto trovi espresso riconoscimento nell’articolo 32 della Costituzione. Trattandosi dunque di un diritto costituzionalmente garantito rientra “tra i diritti inviolabili della persona ed oggetto pertanto di primaria e completa protezione”.

La notizia del risarcimento è stata diffusa dall’Adusbef. L’Associazione precisa in una nota che “il principio ha carattere generale”; pertanto può ovviamente essere esteso “a tutti gli esami appropriati ed urgenti, anche al di là di patologie oncologiche”.

“Nel caso in cui la prestazione diagnostica o di cura sia urgente  – conclude l’Adusbef -e il servizio pubblico o privato convenzionato non sia in grado di soddisfare le esigenze del paziente, e questi si veda costretto a pagarle di tasca propria, potrà poi chiederne il rimborso”.​

 

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