Cosa significa essere anziani in Italia? Un tema delicato che verrà affrontato al prossimo Congresso della Società di Geriatria

L’Italia è il secondo paese al mondo per longevità. Eppure non siamo un paese per vecchi. Un paese a misura di anziani. I dati dimostrano infatti che essere anziani in Italia oggi è davvero difficile.
Come migliorare allora questa situazione salvaguardando la salute pubblica di una fetta importante della popolazione? Se ne discuterà nel Congresso “Invecchiamento: scenari 2.0”della Società di Geriatria che si terrà dal 30 novembre al primo dicembre a Napoli.

Una vecchiaia attiva e in salute: un obiettivo ancora da raggiungere

L’aumento dell’aspettativa di vita ha fatto crescere il numero degli anziani nel nostro paese, di contro si verifica un calo delle nascite, nel 2016 sono state 474 mila – dati Istat.
Nel 2015 – indicano all’Istituto neurologico Besta di Milano – solo il 13% della popolazione aveva 60 anni, nel 2020 è previsto che la percentuale raddoppi.
A livello mondiale ci si impegna per assicurare una vecchiaia attiva e in salute ma essere anziani in Italia comporta spesso l’opposto, come denunciano i geriatri. È infatti in constante diminuzione il numero della popolazione attiva.
In Europa si prevede che l’indice di dipendenza, cioè il rapporto fra la popolazione anziana e quella in età lavorativa, passi tra il 2015 e il 2030 dal 28,8 a 39,1. Una situazione che porta non poche preoccupazioni per i conti pubblici.
Gli italiani vivono in media 82,8 anni, nell’ultimo decennio sono ben 20 (+4,2 dal 2006) gli anni vissuti in uno stato di salute non buono, o con malattie gravi.
La diffusione delle patologie croniche e l’invecchiamento impattano notevolmente sui costi diretti e indiretti a carico sia del SSn che delle famiglie.

Un sistema da rifare

Sulla carta siamo quindi un paese per vecchi ma le istituzioni non sono al passo con la realtà ed essere anziani in Italia non è facile.
Non esiste un vero e proprio piano per garantire ai nostri anziani le migliori condizioni di vita, iniziando proprio dall’assistenza medica.
Aumentano infatti gli anziani ma non i medici preposti alla loro cura. Dalle scuole di specializzazione escono solo 200 geriatri all’anno, “ma ne servono decisamente molti di più”, spiegano alla Società di Geriatria.
“Non c’è un’adeguata sensibilità”, dice Raffaele Antonelli Incalzi, presidente della Società, si è fermi a standard passati, ma ora l’emergenza è nella realtà, bisogna coprire il fabbisogno”.
È necessario un ripensamento del sistema e il Congresso della Società di Geriatria è l’occasione per lanciare nuove idee su come affrontare al meglio la terza età.
Tra gli interventi da fare: ottimizzare l’assistenza domiciliare per limitare i ricoveri, istituire un piano per le emergenze con la geriatria nei pronto soccorso e provvedere alla geriatrizzazione dei medici di base.
Proposte finora ostacolate – come denuncia la Società di Geriatria – ma che ora non possono più aspettare se non si vuole trasformare l’Italia in un paese inadatto agli anziani.
 
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