L’estrazione dei denti del giudizio (ottavi o terzi molari), soprattutto inferiori, è una procedura piuttosto frequente, ma oggi, contrariamente a quanto accadeva negli anni ottanta, è necessario valutare con maggior rigore le effettive indicazioni di questa pratica chirurgica. In buona sostanza, non trattandosi di interventi scevri da rischi e complicanze, diviene essenziale valutare l’appropriatezza dell’intervento, ossia la corretta indicazione all’intervento avulsivo: necessario, utile, opportuno, indifferente, inutile o, addirittura, dannoso.

Sicuramente nella pratica quotidiana il riscontro di denti inclusi, soprattutto terzi molari inferiori o canini, è frequente sia in soggetti adulti che in adolescenti. Tali denti sono in grado di produrre una serie di disagi, lesioni o complicanze (dolori, pericoronariti, problemi ai denti attigui, riassorbimenti corono-radicolare, processi cariosi, dolore neurogeno e miofacciale, cisti, tumori odontogeni, ecc.). La loro estrazione risulta indicata però, solo quando sono in grado di causare danno o pregiudizio alla salute orale o generale del paziente, quando non risultano funzionali o sono probabili fonti di patologie acute o croniche.

Le opinioni degli esperti della materia relativamente alle indicazioni estrattive sono piuttosto contrastanti e le controversie medico-legali non mancano nei casi in cui, ovviamente, siano insorti danni o complicanze o incidenti post-estrattivi.

Le controversie in materia di indicazioni terapeutiche all’estrazione profilattica dei terzi molari inclusi o semi inclusi è, infatti, piuttosto accesa. Alcuni autori ritengono addirittura indicata l’estrazione di tali denti, sia in presenza di patologia sia in assenza della stessa, in quei pazienti ad alto rischio di traumatologia facciale al fine di prevenire cisti, ascessi e fratture mandibolari. Giustamente c’è chi sostiene che sia necessario valutare la complessità dell’intervento, il concreto rischio di determinare, con l’estrazione, lesioni neurologiche o fratture o altri esiti negativi, in un equo bilanciamento di rischi e benefici.

Talora l’intervento potrebbe risultare indicato anche al fine di non dover intervenire chirurgicamente in condizioni di urgenza o conseguentemente a queste (trisma, processo infettivo acuto, parestesia su base infettiva, ecc.) o in condizioni non idonee (missioni militari all’estero ad es.). La storia clinica e, magari, l’insorgenza di complicanze o eventi indesiderati, in questi casi, potrebbe far propendere per errori diagnostici in relazione alla necessità o opportunità di approcci chirurgici programmati in epoca precedente, piuttosto che in emergenza.

C’è anche chi ritiene che milioni di ottavi vengano estratti inutilmente a scopo profilattico, facendo correre ai pazienti rischi inutili. Questi autori considerano l’azione profilattica più teorica che reale e parlano di “epidemia silenziosa di danni iatrogeni” (Friedman). Per questi autori solo il 12% dei denti del giudizio estratti presenterebbero reali indicazioni all’intervento. Clauser C. e Barone R., al contrario, si pongono in netta contrapposizione con tali valutazioni e riferiscono dati relativi ad eventi avversi decisamente molto bassi (lesioni del nervo alveolare 0,04%), tanto più nel caso in cui ad intervenire siano mani esperte, competenti ed abili. Sempre gli stessi autori sottolineano come a volte intervenire a scopo profilattico possa aiutare a sfruttare il momento di minor rischio ed escludere interventi più rischiosi in epoche successive.

La decisione se estrarre o meno dovrebbe scaturire, per la verità, da una valutazione complessiva del singolo specifico caso, che tenga conto di diversi fattori (età, sintomatologia, stato di salute generale, rapporti con le strutture anatomiche attigue, posizione, forma, tipologia delle radici, insufficienza dello spazio retromolare, possibilità di insulti traumatici, ecc…). Le estrazioni possono pertanto anche essere “profilattiche”, “strategiche” o “ad indicazione relativa o assoluta”, ma in ogni caso la scelta estrattiva deve essere consapevolmente condivisa con il paziente (con il tutore o l’esercente la potestà genitoriale e, in caso di minori emancipati, anche con lo stesso minore) sulla base di concreto bilanciamento di costi e benefici, di un’approfondita, chiara ed esaustiva informativa. Tale condivisione, tuttavia, non giustifica condotte inidonee, scelte inappropriate o assenza assoluta di indicazioni.

A condizionare le scelte terapeutiche e le decisioni particolare rilievo assumono gli esiti e le evidenze di indagini radiografiche, scelte su una base ben precisa di priorità relative anche alla tipologia di informazioni necessarie, utili ed opportune, ed all’esposizione necessaria, utile o opportuna, a radiazioni ionizzanti (rif. legge 187/2000). Non fa specie la tipologia di indagine utilizzata ai fini estrattivi (endorale, ortopanoramica, cone-bean, ecc.), ma la quantità e la qualità delle informazioni utili allo scopo ottenute con il minimo di esposizione in relazione al caso di specie.

In caso di evento avverso o di esito negativo o di complicanza, un’eventuale valutazione medico-legale, necessariamente eseguita a posteriori, non potrà non considerare quanto detto e non potrà fare a meno di esperti tecnici della materia odontoiatrica e medico-legale.

Letture consigliate: MS Rini, G Borea La chirurgia dell’ottavo inferiore è il nervo linguale. Aspetti clinici e medicina legale. Ed. Martina 2010

Dott.ssa Maria Sofia Rini

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