Il legale aveva chiesto il risarcimento del danno derivante dalla diffusione della falsa notizia, che aveva leso la sua dignità e il suo onore

Era stato chiamato in giudizio per aver diffuso la falsa notizia di una relazione extraconiugale intrattenuta da un avvocato con sua moglie. L’uomo aveva addirittura tentato di provare la sua credibilità facendo ascoltare a numerosi paesani un file audio con voci maschili e femminili suggerendo che si trattasse proprio dei due presunti amanti. Come appurato dalla Corte territoriale, tuttavia, era stato lui stesso a incidere il nastro.

Il legale aveva ottenuto dai Giudici del merito il riconoscimento di un risarcimento del danno derivante dalla condotta dell’imputato. La voce del flirt, infatti, si era diffusa rapidamente nella piccola comunità e nei paesi limitrofi, oltre a finire addirittura sulla stampa locale. La falsa notizia, quindi, aveva leso il suo onore e la sua reputazione. Inoltre, aveva turbato la sua vita coniugale e professionale.

A fronte della pronuncia di condanna, l’imputato aveva presentato ricorso davanti alla Suprema Corte, contestando il risarcimento.

A suo avviso, infatti, il danno cagionato era stato erroneamente ritenuto in re ipsa, senza che venisse dimostrato il concreto pregiudizio derivato all’avvocato. Inoltre, il ricorrente sosteneva che il risarcimento avrebbe dovuto essere calcolato tenendo conto delle condizioni economiche del debitore.

La Cassazione, sesta sezione civile, con l’ordinanza n. 17580/2018  non ha ritenuto di aderire alle argomentazioni proposte, respingendo il ricorso in quanto infondato.

Per gli Ermellini, infatti, la Corte d’appello aveva ampiamente e correttamente illustrato le ragioni per le quali aveva ritenuto sussistente un danno non patrimoniale risarcibile.

Il Giudice di secondo grado aveva dato conto analiticamente degli elementi di fatto dai quali aveva desunto l’esistenza di un danno non patrimoniale. In particolare aveva valutato la diffusione avuta dalla notizia, il clamore da essa suscitato, nonché le voci sulla probabilità d’un imminente divorzio dalla coniuge.

Il Giudice a quo, quindi, non aveva affatto liquidato un danno presunto, bensì un danno accertato in concreto. Di qui la decisione di rigettare il ricorso.

 

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