Con l’avvento dei social media e della rete virtuale, la violenza si è andato manifestando in quegli ambiti, famiglia e scuola, deputati all’educazione e alla formazione dei bambini/ragazzi e adolescenti, intaccando quell’alleanza che rappresenta il fondamento della società

Le teorie sociali e criminologiche ci insegnano che i comportamenti sono il frutto dei rapporti con l’ambiente dove l’elemento comune dei termini è senza dubbio la persona. I comportamenti individuali sono frutto dell’interazione con l’ambiente, ma sono anche il risultato di un processo educativo e formativo che ha nella Famiglia e nella Scuola gli agenti fondamentali di tale processo, e deve servire a canalizzare le tendenze e le potenzialità costitutive verso l’assunzione di comportamenti corretti e di atteggiamenti socialmente condivisi, preventivamente contrastanti  l’assunzione di comportamenti e azioni di tipo conflittuale fino alla violenza: azioni di bullismo e cyberbullismo, discriminazioni di qualsiasi tipo, violenza precoce, violenza auto ed eterodiretta.

La violenza non è un fenomeno nuovo, è sempre esistita. Con l’avvento dei social media e della rete virtuale, a seguito di trasformazioni avvenute a livello socio-antropologico e culturale, la violenza è andata progressivamente manifestandosi in quegli ambiti deputati all’educazione e alla formazione dei bambini/ragazzi e adolescenti, quali la Famiglia e la Scuola, intaccando quell’alleanza fra le principali Agenzie educative che rappresenta il fondamento della società.

Proprio negli ambiti che rappresentano il grembo in cui si forma la civiltà delle nuove generazioni, che fino a poco tempo fa erano quelli in cui il baluardo del senso dell’autorità e il rispetto reciproco fra le istituzioni e la famiglia ancora reggevano agli sconvolgimenti  ed ai condizionamenti del nuovo assetto politico sociale e culturale, si è verificato uno strappo, interpretabile soltanto a partire da un generale imbarbarimento dei costumi e degli stili di vita, presente a livello transgenerazionale.

I fallimenti derivanti da alcuni tentativi disorganizzati e contingenti  di arginare tale fenomeno, decontestualizzandolo da un momento storico in cui la violenza in generale è pervasiva in quasi tutti gli ambiti del sociale dei rapporti umani e delle relazioni sociali,  conferma che l’errore risiede nella mancata ricerca delle cause originarie dell’espansione di tale fenomeno.

Nello specifico, per quanto riguarda la  presenza della violenza e di rapporti conflittuali all’interno della famiglia e della scuola e fra di esse, vi è da sottolineare come fossero prevedibili tali fatali conseguenze in una società anomica come quella attuale, dove la figura del padre è sovente relegata a quella di “genitore 2” e quella dell’insegnante a “guida dell’uso del cellulare”,  divenuto “maestro della didattica”.  E come tali assetti non abbiano certamente facilitato una comprensione empatica e una condivisione dei ruoli educativi fra i genitori e gli insegnanti, diventando così essi stessi  i peggiori testimoni  del cattivo esempio anche per  i ragazzi e gli adolescenti nel ruolo di figli ed alunni.

La violenza è una  linfa malefica alimentata dalla progressiva disumanizzazione della specie e dal conseguente imbarbarimento di essa, che ha finito per produrre il paradosso dell’uomo primitivo 4.0, tecno-digitalmente evoluto, ma umanamente relegato a puro istinto e pulsioni dove l’Es ha soppiantato totalmente il Super-Io.

L’Io poi, senza una cura della persona praticata fin dall’infanzia (FIIP) in modo sistematico che si avvale di un metodo scientifico-disciplinare combinato e di un modello integrato di tipo olistico, ha fatto una fine anche peggiore,  perché è finito ostaggio degli influencer che condizionano le sue scelte e a volte anche il suo destino. Le emergenze  sociali di questo particolare momento storico si connotano  per complessità e multifattorialità condite con un ribaltamento dei valori  e dei principi universali che fino a qualche decennio fa costituivano i capisaldi del consenso sociale che purtroppo progressivamente sono stati soppiantati  dall’esaltazione dei disvalori e dal relativismo dei criteri universali con cui interpretare il mondo.

L’uso della rete e l’evoluzione della tecnologia digitale hanno amplificato la portata del disorientamento e del senso di perdita di identità a livello personale e collettivo. L’aggregazione casuale dei soggetti in rete e sui social media costruita  sulla base  del consenso raccolto da ogni “mi piace” registrato sul nonsense di qualche banale considerazione o sulla sovraesposizione edonistica e protagonistica hanno appiattito quel senso di distinzione fra bene e male, fra giusto e ingiusto, fra lecito e illecito…

Pertanto la violenza espressa  anche negli ambiti privilegiati quali la famiglia e la scuola, ma anche nelle relazioni gerarchiche con le istituzioni in generale, e negli ambiti di intervento sulla persona e a tutela della stessa, in cui il rispetto era alla base del confronto e delle relazioni, anche quelle conflittuali, è divenuta una possibile risposta fra le tante.

Se ricercassimo le cause di questo stravolgimento nei comportamenti sociali, impensabile fino a qualche decennio fa dovremmo operare sulla base di una multifattorialità di elementi di indagine che nella ricerca sociale si identifica con la categoria della multicausalità. Un approccio che si basa sulla multicausalità della ricerca e sulla multidisciplinarietà del metodo e degli interventi integrati, applicati alle cause di ogni fenomeno, e non ad ogni singolo aspetto di quel fenomeno in continuità, rappresentano l’unica modalità di risoluzione sostenibile ai fenomeni rientranti nella sfera delle emergenze sociali di cui la violenza nelle sue declinazioni è purtroppo soltanto un anello di una lunga catena.

 

Dott.ssa Mara Massai
Sociologa, Dottore di ricerca in Criminologia
Esperta in Tecniche Investigative in Criminologia e Vittimologia
Project Manager
Presidente di AS.SO.GRAF. (Associazione Culturale di Sociologia e Grafologia)

 

 

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