Il farmaco, ordinato online da un paziente,  era bloccato alla dogana; il Tribunale del Riesame di Roma ne ha riconosciuto la destinazione esclusivamente personale

Aveva comprato online il farmaco generico per l’epatite C pagandolo 2.500 dollari a fronte dei 44mila euro cui è venduto, sul mercato italiano, il principio attivo ‘sofosbuvir’. Il medicinale, proveniente dall’India e ordinato previa presentazione via mail della ricetta al rivenditore, era stato bloccato all’aeroporto di Ciampino lo scorso 9 giugno. Secondo la legislazione italiana, infatti, acquistare farmaci sul web è legale solo per i medicinali da banco e non per quelli che prevedono la prescrizione medica.

Ma il Tribunale del Riesame di Roma nelle scorse ore ne ha ordinato il dissequestro e la restituzione all’acquirente. La vicenda, riportata ieri dal quotidiano La Repubblica, potrebbe aprire la strada a una vera e propria corsa all’acquisto sul mercato estero, facilitato dalla circostanza che nel nostro Paese, proprio l’elevato costo della terapia, ha imposto al Ssn la definizione di criteri restrittivi per poterne beneficiare gratuitamente; in pratica, hanno diritto alle cura solamente i casi più gravi.

Solo pochi giorni fa la FNOMCeO aveva approvato una mozione per richiedere al Governo di garantire le cure innovative a tutti i malati attraverso la produzione, da parte dello Stato, del farmaco generico ricorrendo alla ‘licenza obbligatoria’; una richiesta motivata sia dalla necessità di far fronte a un’emergenza sanitaria che vede l’Italia al primo posto in Europa per numero di persone positive al virus, sia per scongiurare il tentativo di molti pazienti di entrare in possesso del farmaco attraverso canali che non garantiscono sicurezza e tracciabilità.

Tornando al caso in questione, i giudici hanno motivato il loro provvedimento sostenendo che “la quantità limitatissima di prodotti importati, la accertata malattia del paziente e la prescrizione prodotta non possono lasciare dubbi in ordine alla destinazione esclusivamente personale dei prodotti importati”.

“L’ospedale – ha spiegato il protagonista della vicenda – non voleva darmi la cura, avrei dovuto attendere che la malattia peggiorasse. Non ne avevo alcuna intenzione”. Come lui ci sono migliaia di persone, che non versano nelle condizioni previste dall’Agenzia del Farmaco per accedere alla terapia con copertura statale.

L’ordinanza del Tribunale romano, quindi, sancisce il principio secondo cui l’importazione di un farmaco regolarmente prescritto da un medico italiano per la cura dell’epatite C non può essere considerata a fini commerciali, ma esclusivamente a uso personale. Tuttavia, non fa alcuna menzione a altre questioni importanti che talvolta spingono le autorità doganali a bloccare i farmaci generici per l’epatite C che arrivano dall’estero; in particolare, il divieto di acquisto di farmaci online con obbligo di prescrizione medica e l’importazione tramite prescrizione medica, che in linea teorica non potrebbe avvenire poiché i farmaci in oggetto sono già registrati in Italia.

“Quindi – spiega all’Adnkronos Ivan Gardini, presidente di EpaC Onlus (Associazione pazienti con epatite e malattie del fegato) – si manifesta una mancanza di valida alternativa terapeutica, ovvero una situazione inedita, che la legge non contempla e su questo aspetto sarebbe opportuno un chiarimento urgente da parte dell’Agenzia del Farmaco”.

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