Il Consiglio di Stato si è pronunciato respingendo il ricorso della Regione Lombardia, rimarcando l’ingiustificata disparità di trattamento rispetto alla fecondazione omologa

Il Consiglio di Stato ha respinto ieri l’appello della Regione Lombardia dopo che il Tar aveva decretato l’illegittimità delle due delibere della Giunta regionale – del 12 settembre e del 7 novembre 2014 – che rispettivamente stabilivano che la procreazione medica assistita eterologa fosse a carico degli assistiti e fissavano le tariffe a carico degli utenti, comprese tra i 1.500 e i 4.000 euro, in base alla complessità dell’intervento.

Per il Consiglio di Stato è illegittimo far pagare agli assistiti le spese per la fecondazione eterologa.  “La determinazione regionale di distinguere la fecondazione omologa da quella eterologa finanziando la prima e ponendo a carico degli assistiti la seconda, non risulta giustificata” e “realizza una disparità di trattamento lesivo del diritto alla salute delle coppie affette da sterilità o da infertilità assolute”.

Soddisfazione da parte dell’Associazione SOS Infertilità che aveva impugnato le delibere regionali al TAR. “Questa sentenza dà un’indicazione di principio più che operativa – ha affermato l’avvocato Massimo Clara per conto dell’Associazione – , e fra l’altro al momento attuale non possiamo far altro che aspettare l’entrata in vigore dei nuovi Livelli essenziali di assistenza (Lea) nazionali. Ma è davvero molto chiara: è una disparità di trattamento ingiustificata e discriminatoria far pagare un prezzo diverso alle coppie che necessitano di fecondazione omologa ed eterologa”.

La sentenza è stata accolta con favore anche dall’Associazione Luca Coscioni che ha rimarcato la bocciatura della Regione Lombardia. “Si tratta certamente di una vittoria per i cittadini – ha affermato il Segretario Filomena Gallo – ma è una sconfitta, l’ennesima, della politica, che ancora una volta ha rinunciato al proprio ruolo di garante degli interessi di tutti i cittadini, lasciando ai tribunali il compito tutelare i diritti delle persone e affermare lo Stato di diritto. Per questo speriamo che il presidente Maroni impari la lezione e rinunci al ricorso già depositato al consiglio di Stato contro il risarcimento a Beppino Englaro disposto dal Tar”.

La Lombardia, fra le altre cose, si era appellata al fatto che al di fuori dei Lea e dunque anche per le tecniche di PMA, le Regioni possono erogare ulteriori servizi e prestazioni, ma con oneri a carico del proprio bilancio, sicché rientra nella insindacabile discrezionalità della Regione valutare se richiedere agli utenti il pagamento di una tariffa.

A tal proposito il Consiglio di Sato ha osservato che “La Regione ha il potere di fissare limiti e condizioni all’esercizio di questo diritto, nell’esercizio di una ampia discrezionalità, e anche quello di riconoscere prestazioni sanitarie aggiuntive rispetto ai Lea, ma la distinzione tra situazioni identiche o analoghe, senza una ragione giuridicamente rilevante, integra un’inammissibile disparità di trattamento nell’erogazione delle prestazioni sanitarie e, quindi, una discriminazione che, oltre a negare il diritto alla salute (art. 32 Cost.), viola il principio di eguaglianza sostanziale, di cui all’art. 3, comma secondo, Cost. e il principio di imparzialità dell’amministrazione, di cui all’art. 97 Cost”.

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