I medici non sono da qualificare come “professionisti” non avendo una competenza superiore alla media nel valutare il contenuto del prodotto assicurativo offerto.

Questo è quanto statuito dal Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Estensore Maria Laura Maddalena – Presidente Pietro Morabito, con la sentenza n. 640 depositata il 18.1.2018.

I fatti 

A seguito di indagini condotte dall’IVASS venivano riscontrate, in sede di accertamenti ispettivi, gravi irregolarità riguardanti la commercializzazione dei prodotti relativi alla copertura per responsabilità civile medica e in particolare la presenza di clausole contrattuali non intellegibili, l’approccio ostruzionistico delle procedure liquidative, mirato a resistere ingiustificatamente alle pretese dei danneggiati, la mancata garanzia delle rispondenza dei prodotti commercializzati alle reali esigenze degli assicurandi, l’inadeguatezza delle misure correttive fino a quel momento intraprese. L’IVASS provvedeva pertanto ad adottare la comunicazione di avvio del procedimento di cui all’art. 184, comma 2, del d.lgs. n. 209/05 (codice delle assicurazioni private), in data 4 novembre 2014, recante anche il divieto di rinnovo automatico dei contratti assicurativi denominati “RCP medico” e “RCP Medico ospedaliero dipendente colpa grave” in essere e la prescrizione di misure correttive, quali: riparametrare la tariffa del contratto “medico ospedaliero dipendente colpa grave” per assicurarne la rispondenza con gli andamenti tecnici, assicurare in via generale la corrispondenza con l’andamento tecnico dei prodotti per la determinazione delle tariffe.

La società ricorrente impugna la nota del 4 novembre 2014.

IVASS non ha ritenuto soddisfacenti gli interventi correttivi adottati nel frattempo dalla ricorrente ed ha pertanto adottato il provvedimento n. 0047185 del 29 maggio 2015, recante il definitivo divieto di commercializzazione della polizza RCP Medico e il divieto di rinnovo automatico dei contratti in essere.

Il provvedimento impugnato con i motivi aggiunti era assistito dalla clausola rebus sic stantibus, rimanendo efficace fino alla adozione delle misure correttive che venivano indicate nello stesso provvedimento.

Nel giudizio sono intervenuti ad opponendum, il Condacons e il prof. R. G., i quali hanno anche proposto ricorso incidentale, evidenziando ulteriori profili di illegittimità delle polizze assicuratrici della società ricorrente, nonostante i correttivi effettuati.

La decisione del Tar

L’IVASS può incidere nella sfera di autonomia imprenditoriale?

Il Tribunale premette che per inquadrare correttamente la vicenda si deve partire dall’esame degli art. 183, comma 1, del codice delle assicurazioni private, rubricato “Regole di comportamento”, e dall’ art. 184 dello stesso codice, rubricato “Misure cautelari ed interdittive”, norme che consento ad IVASS di incidere nella sfera di autonomia imprenditoriale al fine di garantire da parte degli intermediari il rispetto dei principi di diligenza, correttezza e trasparenza nei confronti dei contraenti e degli assicurati, la completa acquisizione dai contraenti delle informazioni necessarie a valutare le esigenze assicurative o previdenziali ed operare in modo che siano sempre adeguatamente informati, ecc.. Il procedimento ispettivo si è svolto, come documentato puntualmente da IVASS nelle sue difese, nel rispetto della tempistica prevista dalla legge e nel rispetto delle dovute garanzie procedimentali.

La giurisprudenza del TAR, anche della stessa sezione ha peraltro riconosciuto la legittimità di provvedimenti inibitori privi di un determinato termine di scadenza (cfr. ancorché in fattispecie non identica TAR Lazio, II ter, n. 478/2015 e 1/2015).

L’eliminazione totale della fattispecie di copertura primo rischio

Per ciò che concerne la valutazione della inidoneità dell’intervento compiuto dalla ricorrente sull’art. 16 delle condizioni generali di contratto, ha osservato il TAR che la decisione della società istante di eliminare del tutto la fattispecie di copertura di primo rischio, anziché limitarsi ad eliminare la clausola della insolvenza della Azienda sanitaria, correttamente non è stata ritenuta idonea a soddisfare le richieste di IVASS.

Inoltre si legge nella sentenza in commento che in linea generale, le Sezioni Unite Civili della Corte di Cassazione, in sede di ricorso ex art. 362 c.p.a. avverso una sentenza del Consiglio di Stato, hanno avuto modo recentemente di chiarire (cfr. sentenza 20 gennaio 2014, n. 1013) che il ricorso a criteri di valutazione tecnica sovente conduce ad un ventaglio di soluzioni possibili, destinato inevitabilmente a risolversi in un apprezzamento non privo di un certo grado di opinabilità e, in tali casi, il sindacato del giudice, essendo pur sempre un sindacato di legittimità e non di merito, è destinato ad arrestarsi sul limite oltre il quale la stessa opinabilità dell’apprezzamento operato dall’amministrazione impedisce di individuare un parametro giuridico che consenta di definire quell’apprezzamento illegittimo.

L’estensione del sindacato di legittimità del giudice amministrativo ai profili tecnici

Gli Ermellini, quindi, hanno enunciato il principio, riferito nel caso dalla stessa scrutinato all’attività svolta dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, secondo cui il sindacato di legittimità del giudice amministrativo sugli atti di un’Autorità indipendente comporta la verifica diretta dei fatti posti a fondamento del provvedimento impugnato e si estende anche ai profili tecnici, il cui esame sia necessario per giudicare della legittimità del provvedimento, ma quando in siffatti profili tecnici siano coinvolti valutazioni ed apprezzamenti che presentano un oggettivo margine di opinabilità, detto sindacato, oltre che in un controllo di ragionevolezza, logicità e coerenza della motivazione dell’atto, è limitato alla verifica che quel medesimo provvedimento non abbia esorbitato dai margini di opinabilità, non potendo il giudice sostituire il proprio apprezzamento a quello dell’Autorità ove questa si sia mantenuta entro i suddetti margini. (cfr. sent. Tar Lazio, II ter, n. 478/2015)

Nello specifico, ossia con riferimento alle modifiche apportate all’art. 16 e ritenute inidonee a superare le criticità evidenziate, il TAR ha osservato che IVASS aveva chiesto alla ricorrente di disciplinare in separati articoli i singoli regimi, con maggiore puntualizzazione circa il carattere di primo o secondo rischio delle coperture offerte. L’assicurazione, al contrario ha continuato a disciplinare in un unico articolo le varie fattispecie e, quindi, correttamente IVASS ha ritenuto la misura non adeguata a realizzare le finalità di trasparenza e correttezza richieste. Così come in contrasto con le finalità di trasparenza e correttezza invocate da IVASS risulta la decisione dell’impresa di cancellare del tutto la copertura a favore del medico a primo rischio di cui all’art. 16, n. 2 delle condizioni di contratto, trattandosi di un’esclusione non chiaramente percepibile.

Quando stipulano una polizza assicurativa i medici sono da qualificare come professionisti o come consumatori?

Tra l’altro il TAR Lazio mostra di non condividere la tesi di parte ricorrente secondo cui i medici sarebbero da qualificare come “professionisti” ed avrebbero una competenza superiore alla media nel valutare il contenuto del prodotto assicurativo offerto, posto che i medici sono comunque qualificabili come “consumatori” quando stipulano una polizza assicurativa sul mercato.

Sulla scorta delle su estese argomentazioni il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio pronunciando sul ricorso ha:

  • Dichiarato in parte improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse in parte inammissibile il ricorso originario;
  • Dichiarato improcedibile il ricorso incidentale presentato dagli intervenienti ad opponendum; Dichiara in parte improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse e il ricorso per motivi aggiunti e in parte lo respinge.

Il TAR ha ordinato che la sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

 Avv. Maria Teresa De Luca

 

 

 

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