Il lavoratore che non si insinua al passivo, ignorando la dichiarazione di fallimento della società datrice di lavoro, né agisce tempestivamente sui beni del debitore tornato in bonis, non ha diritto alla liquidazione del TFR dall’INPS

La vicenda

Nel 2017 la Corte d’appello di Milano aveva rigettato la domanda proposta da un lavoratore nei riguardi dell’INPS- Gestione Fondo di Garanzia (ex lege 297/82) volta ad ottenere il pagamento della somma di 20.690,00 euro a titolo di TFR, già accertata con decreto ingiuntivo definitivo con il quale, il medesimo lavoratore aveva chiesto, con esito negativo, la riparatura del fallimento della propria datrice di lavoro che si era chiuso con riparto dell’attivo.
Per la corte d’appello la mancata insinuazione al passivo del lavoratore era dovuta al fatto che quest’ultimo aveva ignorato che fosse stato dichiarato il fallimento della società datrice di lavoro, tuttavia tale ignoranza non era giustificabile data la pubblicità dichiarativa cui è soggetta la sentenza di fallimento e in ogni caso era stato accertato che il medesimo lavoratore non aveva neppure provato di aver tentato di ottenere soddisfazione del suo credito sui beni del debitore tornato in bonis, ma si era limitato a presentare la domanda al Fondo di Garanzia soltanto quando ormai il fallimento si era chiuso con riparto finale dell’attivo.
La decisione è stata confermata anche dai giudici della Cassazione.
Secondo il tradizionale orientamento, «in caso di fallimento del datore di lavoro, il pagamento del TFR da parte del fondo di garanzia, richiede che il lavoratore assolva all’onere di dimostrare che è stata emessa sentenza di fallimento e che il suo credito è stato ammesso allo stato passivo, senza che questo requisito possa essere escluso a seguito della dimostrazione, da parte del lavoratore, che la mancata insinuazione nel passivo fallimentare del suo credito è addebitabile alla incolpevole non conoscenza da parte sua dell’apertura della procedura fallimentare, poiché la legge fallimentare contiene una serie di disposizioni che assicurano ai terzi la possibilità di conoscenza in relazione ai diversi atti del procedimento e svolgono quindi, la funzione di una vera e propria pubblicità dichiarativa» (Cass. n. 3640/2012).

Il Fondo di Garanzia INPS

Nel dare attuazione alla direttiva n. 80/987, il legislatore italiano (l. N. 297/1982, art. 2) ha istituito presso l’INPS il fondo di garanzia in caso di insolvenza del datore di lavoro, per la soddisfazione effettiva del credito.
Tale Fondo di Garanzia assicura “il pagamento dei diritti non pagati dei lavoratori subordinati” (TFR).
In sostanza il Fondo “si sostituisce” al datore di lavoro inadempiente nel pagamento del trattamento di fine rapporto e dei crediti di lavoro, diversi da quelli spettanti a titolo di tfr, inerenti gli ultimi tre mesi del rapporto di lavoro”.
Ad ogni modo, nel caso in cui il lavoratore non dimostri di essere stato ammesso al passivo del fallimento e tale ammissione sia resa impossibile dalla chiusura della procedura fallimentare per insufficienza dell’attivo prima dell’esame di una domanda tardiva di insinuazione, il lavoratore è tenuto a procedere ad esecuzione forzata nei confronti del datore di lavoro tornato in bonis.

La decisione

Nel caso in esame, l’azione esecutiva non era stata esperita ma era stato ugualmente iniziato il procedimento giudiziario per ottenere la condanna del Fondo al pagamento delle somme predette, né era emerso che il credito fosse stato già positivamente accertato con decreto ingiuntivo dichiarato definitivo.
Il lavoratore con una diligenza ordinaria, avrebbe dovuto porre in esecuzione il titolo e solo dopo aver verificato l’incapienza del patrimonio della datrice di lavoro, rivolgere la sua domanda all’INPS che gestisce il Fondo.
Per tali motivi, il ricorso è stato rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

La redazione giuridica

 
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