La norma sul legittimo impedimento a comparire del difensore si applica anche nel procedimento di esecuzione, e quindi anche nel procedimento di sorveglianza

La vicenda

Nel novembre del 2018, il Tribunale di sorveglianza di Catania respingeva l’istanza presentata in difesa di un detenuto, avente ad oggetto la concessione di misure alternative alla detenzione.

L’ordinanza aveva rilevato che la condanna in esecuzione, era stata pronunciata per titolo (evasione) ostativo alla concessione di misura alternativa; inoltre, era emersa la pericolosità sociale dello stesso in ragione di reati successivi e informazioni negative

La pronuncia è stata impugnata con ricorso per cassazione per violazione dell’art. 666 c.p.p., in quanto l’udienza si era tenuta nonostante la richiesta di rinvio, presentata dall’allora difensore di fiducia, per motivi di salute.

Il ricorso è stato accolto perché fondato.

Il Tribunale di sorveglianza aveva respinto la richiesta di rinvio per impedimento del difensore, determinato da motivi di salute, con una doppia motivazione: da una parte, aveva ritenuto non applicabile al rito camerale l’istituto di cui all’art. 420 ter c.p.p., e, dall’altra, perché (” In ogni caso…”) essendo stata rappresentata la sussistenza di una malattia di lunga durata, si trattava di impedimento prevedibile, con conseguente obbligo per il difensore di nominare un sostituto processuale per l’udienza.

Quanto alla applicabilità al rito camerale di cui all’art. 666 c.p.p., della norma di cui all’art. 420 ter c.p.p., comma 5, – che riconosce il diritto al rinvio dell’udienza preliminare in caso di impedimento del difensore per motivi di salute -, la giurisprudenza – osservano gli Ermellini – non è unanime.

L’art. 678 c.p.p., nel disciplinare la forma processuale del procedimento di sorveglianza, richiama la norma contenuta nell’art. 666 c.p.p., che disciplina il procedimento di esecuzione, prevedendo un particolare procedimento in camera di consiglio, delineato, in via generale, dall’art. 127 c.p.p..

Ebbene, mentre la disciplina generale, di cui al citato art. 127 c.p.p., prevede la partecipazione non necessaria delle parti (pubblico ministero, persone interessate e difensori), l’art. 666 c.p.p., disciplina un particolare procedimento in camera di consiglio con partecipazione necessaria del difensore e del pubblico ministero.

La pronuncia della Cassazione

Con la pronuncia in commento (sentenza n. 34100/2019) i giudici della Prima Sezione Penale della Cassazione hanno dichiarato di voler dar seguito a quell’indirizzo giurisprudenziale secondo il quale nel rito camerale a partecipazione necessaria, e dunque anche nei procedimenti disciplinati dall’art. 666 c.p.p., deve farsi applicazione dell’art. 420 ter c.p.p., con conseguente rilevanza dell’impedimento a comparire del difensore.

«Ed invero, pur a fronte di una disciplina processuale effettivamente carente nel disciplinare il diritto di difesa nei riti camerali, deve ritenersi – affermano gli Ermellini – che l’esigenza della effettività del diritto di difesa, che la Costituzione definisce “… inviolabile in ogni stato e grado del procedimento”, imponga di considerare non equipollente la posizione del difensore nominato per l’udienza rispetto a quella del difensore sostituto, ai sensi dell’art. 97 c.p.p., comma 4, in udienza.

In particolare, laddove il legislatore ritenga necessaria la presenza del difensore, ovvero questi abbia ritenuto utile la sua presenza all’udienza, l’irrilevanza processuale dell’impedimento del difensore inciderebbe direttamente sulla effettività del diritto di difesa, che, anche con l’assistenza del sostituto, nominato ai sensi dell’art. 97 c.p.p., comma 4, non potrebbe mai essere esercitata secondo quanto stabilito dal difensore nominato».

La decisione

Detto in altri termini, la mera facoltatività della presenza del difensore significa solo che il difensore può scegliere se partecipare, o meno, all’udienza, ma tale facoltà non determina la irrilevanza dell’impedimento a comparire del difensore che abbia scelto di partecipare all’udienza.

Al riguardo, la Cassazione ha anche chiarito che la previsione normativa della presenza solo facoltativa del difensore non lede il diritto di difesa, in quanto rimane nella facoltà del difensore nominato di scegliere, evidentemente nell’interesse dell’assistito, se partecipare o meno all’udienza, mentre, qualora il legislatore ritenga necessaria la presenza del difensore ovvero nel caso in cui questi ritenga di dover partecipare all’udienza, la irrilevanza dell’assoluto impedimento del difensore a comparire determina una effettiva lesione del diritto di difesa, che viene esercitato tramite l’assistenza assicurata dal difensore sostituto ai sensi dell’art. 97 c.p.p., comma 4, che non può essere ritenuta equivalente a quella del difensore nominato di fiducia o di ufficio.

La redazione giuridica

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