La Suprema Corte, nel caso che ci riguarda, con la sentenza  emessa dalla Quarta  Sezione  Penale, del 20 settembre 2016, n. 39028,  ha stabilito che non è penalmente responsabile il medico di guardia nel caso in cui si verifichi il suicidio di un detenuto.

Un medico di guardia operante all’interno di un istituto penitenziario era stato imputato per omicidio colposo poiché un detenuto con problemi psichici che era stato trasferito in una cella di isolamento privo di sorveglianza e senza che fossero tolte le lenzuola dal materasso. Il detenuto in questione, si era, infatti, suicidato.

Le corti di merito assolvevano l’imputato sul presupposto che l’evento non era prevedibile. Successivamente, la Corte di Cassazione, l’intervento della quale era stato sollecitato dalle parti civili, ha specificato che per aversi l’elemento soggettivo della colpa per violazione di una regola di prudenza  è necessario che l’evento risulti prevedibile ed evitabile, con un giudizio effettuato alla stregua dell’agente modello razionale, tenuto conto di tutte le circostanze del caso concreto conosciute o comunque conoscibili dall’agente reale.

Infatti, specifica la Suprema Corte, “per configurare l’elemento soggettivo della colpa per violazione di una regola precauzionale, è necessario sussista la prevedibilità ed evitabilità dell’evento, da valutarsi alla stregua dell’agente modello razionale, tenuto conto delle circostanze del caso concreto conosciute o conoscibili dall’agente reale (Cassazione, Sezioni Unite Sentenza n. 22676 del 29/05/2009). Con specifico riferimento alla verifica della “prevedibilità” dell’evento, si impone il vaglio delle possibili conseguenze di una determinata condotta commissiva od omissiva avendo presente il cosiddetto “modello d’agente” ossia il modello dell’uomo che svolge paradigmatica mente una determinata attività, che importa l’assunzione di certe responsabilità, nella comunità, la quale esige che l’operatore concreto si ispiri a quel modello e faccia tutto ciò che da questo ci si aspetta (si veda in particolare Cassazione, Sezione 4, Sentenza n. 22249 del 29/05/2014)”.

Nel caso di specie l’evento è stato riconosciuto come non prevedibile.

L’imprevedibilità è avvalorata dal fatto che gli specialisti avevano constatato la stabilizzazione della situazione clinica del detenuto reinserito nel circuito carcerario ordinario.

Siffatta stabilizzazione induceva pertanto a ritenere insussistente ogni eventuale ipotesi di pericolo, non potendosi evincere neppure dalla storia clinica del soggetto in questione una probabilità suicidaria.

Secondo la Suprema Corte è stato corretto il ragionamento del giudice di merito che non ha ravvisato nella condotta dell’imputato alcun profilo di colpa. Infatti, il trasferimento del detenuto nel reparto in isolamento era stato determinato dal fatto che fosse l’unica area con celle singole, e, siffatta allocazione in quel reparto si giustificava inoltre con gli intenti aggressivi manifestati in precedenza nei confronti del compagno di cella.

Il suicidio, quindi, a detta della Cassazione non era prevedibile ex ante da parte del medico di guardia che, comunque, aveva disposto la misura della vigilanza visiva ogni dieci minuti, pur se finalizzata unicamente ad evitare eventuali atteggiamenti aggressivi da parte del detenuto.

Nel caso esaminato,  l’imprevedibilità dell’evento ha escluso la colpa dell’imputato.

                                                                                                Avv.  Francesco Abbate   

                                                                                        (Foro di Latina)

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