La domanda di ristoro del risarcimento del danno diverso dall’occupazione abusiva dell’immobile post finita locazione deve essere provata (Cass. Civ., Sez. III, Sentenza n. 18946 del 16 luglio 2019)

La Suprema Corte specifica che il semplice ritardo nella riconsegna dell’immobile locato legittima il proprietario al risarcimento del danno da occupazione abusiva e che ogni ulteriore e differente danno, come ad esempio quello da danneggiamento dell’immobile o quello derivante dalla perdita di opportunità di nuove locazioni, deve essere adeguatamente e puntualmente provato.

Difatti i Giudici di legittimità evidenziano che l’obbligo in capo al conduttore di risarcire il maggior danno ex art. 1591 c.c. presuppone la puntuale, prova di una effettiva lesione del patrimonio del locatore.

Tale prova, che incombe sul locatore può consistere nel non aver potuto utilizzare direttamente e tempestivamente l’immobile, ovvero nella perdita di occasioni di vendita ad un prezzo conveniente, ovvero ancora in altre situazioni pregiudizievoli, tutte da provarsi concretamente.

Il parametro da utilizzarsi per la quantificazione del ristoro invocato può essere rinvenuto nel canone convenuto in quanto il conduttore che prosegue nell’occupazione dell’immobile anche dopo la finita locazione e continua a versare l’importo pattuito dal contratto di locazione in realtà non adempie all’obbligo di dare il corrispettivo nei termini convenuti, bensì risarcisce un danno da mora.

Gli Ermellini specificano inoltre che l’obbligo risarcitorio è posta differente dall’obbligo di remunerare l’occupazione post finita locazione e quindi sul punto accolgono il ricorso e riconoscono che la Corte d’Appello ha errato non distinguendo le due fattispecie risarcitorie.

Al riguardo viene ribadito che i danni derivanti dal ritardo di restituzione dell’immobile sono posta risarcitoria differente ed autonoma rispetto ai danni di danneggiamento dell’immobile.

Il ritardo del conduttore nella riconsegna dell’immobile post termine legittima soltanto la condanna generica al risarcimento del danno, richiedendosi, in sede di liquidazione del danno medesimo, che il locatore dimostri, con ogni mezzo, e, quindi, anche per presunzioni, l’esistenza del pregiudizio subito dal suo patrimonio in relazione alle condizioni dell’immobile e all’esistenza di soggetti concretamente interessati a un rapporto di locazione.

In mancanza di tale prova quindi La Suprema Corte respinge le ulteriori voci di danno e rinvia ad altra Corte territoriale per la riforma della sentenza.

Avv. Emanuela Foligno

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