Il caso trattato riguarda le difficoltà che spesso incontra l’avvocato nella ricostruzione della dinamica dei sinistri stradali, soprattutto, in caso di assenza di testimoni oculari e dichiarazioni contraddittorie delle parti coinvolte.

Il sinistro si è verificato in Italia, tra un autoarticolato, di proprietà di una società estera, condotto da un autotrasportatore moldavo, assicurato con una compagnia straniera, ed il conducente (di nazionalità italiana) di una bicicletta.

Il luogo teatro dell’incidente: pubblica via, semaforo “rosso”, camion dietro e ciclista davanti, incolonnati e fermi, in attesa di riprendere la marcia. Al segnale verde del semaforo, il camion nel ripartire non si è avvede del ciclista lo tampona e lo travolge.

Alla ricostruzione di questa dinamica, però, si è giunti solo dopo un lungo lavoro svolto dai consulenti di parte e dal legale.

Infatti, l’autotrasportatore ha dichiarato alla Polizia Municipale- Sez. Infortunistica, intervenuta dopo il sinistro: -“ di non aver notato la presenza del signor Rossi, né della bicicletta; di aver ripreso la marcia, una volta scattato il semaforo verde, ed aver controllato gli specchietti retrovisori; – dopo aver sentito, alla ripartenza, rumore di ferraglia, percorsi alcuni metri, ha arrestato la marcia del camion; – non sapeva da dove provenisse il Rossi”.

Gli agenti della Polizia Municipale hanno effettuato la ricostruzione della dinamica del sinistro avvalendosi delle dichiarazioni suddette e delle risultanze (fotografie, rilievi di frenata, ammaccature, ecc.) acquisite sui luoghi del sinistro, giungendo alla conclusione che il sig. Rossi: – probabilmente sospingeva a braccia la bicicletta, reggendola alla propria destra; – verosimilmente attraversava la sede stradale provenendo da mare verso monte; – approfittando del fatto che l’autoarticolato era fermo incolonnato al semaforo, continuava nel suo attraversamento, passandogli davanti al momento della ripartenza; – verosimilmente veniva toccato di quel tanto che basta per cadere, la bicicletta lo seguiva toccando con il lato sinistro in terra travolta dalla ruota anteriore sinistra della motrice; – veniva travolto dalla parte centrale della motrice dell’autoarticolato; – si trovava, all’arresto del camion, trasversalmente alla sede stradale con la testa rivolta verso monte e le gambe verso valle, nello spazio tra le due assi della motrice.

A seguito del sinistro il Rossi è stato trasportato al Pronto Soccorso per le cure del caso.

Nonostante il Rossi abbia riportato gravissime lesioni, non è stato disposto il sequestro dei mezzi né, tanto meno, assunti provvedimenti nei confronti dell’autotrasportatore.

La ricostruzione dei fatti, sin da subito, non ha convinto i figli del Rossi, i quali si sono rivolti al legale di fiducia esponendo le loro perplessità. Dopo lunghi e ripetuti colloqui, si è giunti alla conclusione che la dinamica dell’incidente non poteva essere quella risultante dagli atti.

I figli erano certi che il loro padre non avrebbe mai compiuto quel tipo di attraversamento pedonale non sulle strisce, con la bicicletta sottobraccio, tra dei camion incolonnati; ma non avevano prove. Nessun testimone, nessuna ripresa con telecamere di videosorveglianza.

Effettivamente dopo aver esaminato più volte gli atti, si sono rilevate una serie di incongruenze tra la ricostruzione fatta dalla P.M. e le dichiarazioni rese dal conducente del camion.

Lo stesso Rossi nell’immediatezza (ricoverato in ospedale in gravissime condizioni) non ricordava la dinamica dell’incidente. Solo dopo essere trascorso del tempo, ed aver subito più interventi chirurgici, il Rossi, apparentemente ripresosi, ha deciso di mettere in mora la compagnia di assicurazione.

Il danneggiato ha chiesto, tramite il legale di fiducia, all’U.C.I. – Ufficio Centrale Italiano- (la compagnia assicurativa straniera aderiva alla convenzione) il risarcimento dei danni subiti, ritenendo esclusivo responsabile del sinistro il conducente dell’autoarticolato.

L’U.C.I. ha, poi, comunicato che la trattazione del sinistro sarebbe stata seguita dalla assicurazione Alfa, abituale corrispondente estera della compagnia assicurativa straniera Beta (Alfa e Beta, per motivi di privacy, ndr).

Trascorsi sei mesi dal sinistro, e nelle more della trattazione stragiudiziale del sinistro, il Rossi, in condizione di costante ricovero ospedaliero, è deceduto, e gli eredi, assistititi dallo stesso legale del Rossi, hanno fatto richiesta di risarcimento danni, in proprio e nella qualità di eredi del di loro padre, alla Alfa.

Concordemente alle intenzioni dei figli (unici eredi) del de cuius, di procedere all’accertamento dei fatti, su indicazione del legale, si è deciso di consultare un medico legale (C.T.P.), per ragionare insieme sulla compatibilità tra le lesioni riportate dal Rossi a seguito dell’incidente (così come rappresentato nella dinamica dai rilievi effettuati dalla P.M. e dalle dichiarazioni del conducente del camion), e sull’eventuale sussistenza del nesso eziologico tra il sinistro ed il successivo decesso.

Il medico legale già dai documenti (cartella clinica e certificati medici) forniti, non escludeva l’ipotesi prospettatagli dai figli, di tamponamento del ciclista.

Il medico legale ha fornito una relazione dettagliata secondo la quale il Rossi è deceduto, dopo sei mesi di allettamento, a causa dell’incidente, e la dinamica, risultate dagli atti, non era compatibile con le lesioni subite.

Il parere del C.T.P. confermava il tamponamento e arrotamento del Rossi quale ciclista in sella, e non condivideva la ricostruzione fatta dalla P.M. di attraversamento della pubblica via, con bicicletta al fianco.

Preso atto di ciò, di comune accordo tra il legale e gli eredi, si è deciso di rivolgersi ad un altro consulente (ingegnere) per accertare la dinamica del sinistro.

I figli del de cuius, confortati anche dal parere del medico legale, erano certi che il padre si trovasse in sella alla bicicletta, innanzi al camion incolonnato in attesa di riprendere la marcia al segnale verde del semaforo e che l’autotrasportatore nel riprendere la marcia, non si fosse accorto della presenza del Rossi tamponandolo e arrotandolo.

La perizia sulla dinamica è stata particolarmente dettagliata.

Il C.T.P. (ingegnere) ha incontrato notevoli difficoltà per accertare la reale dinamica dell’incidente, tenuto conto della contraddittorietà delle risultanze documentali.

Nonostante ciò, è arrivato alla conclusione che la ricostruzione della dinamica proposta dalla Polizia Municipale alla Autorità Giudiziaria, era priva di fondamento tecnico-scientifico, e ciò per i seguenti motivi:

“-l’autoarticolato quando ha impattato il velocipede era già in movimento da decine di metri ed aveva già raggiunto la velocità di 20 km/h, elemento questo inconfutabilmente registrato dal disco del cronotachigrafo sequestrato dalla stessa polizia locale;

-all’azionamento dei freni dell’autoarticolato è stata associata una manovra di svolta a destra (anche questa rilevata dalla polizia locale) evidentemente effettuata nel tentativo estremo di evitare il tamponamento del ciclista;

– la frenata radente risulta essere posta ben oltre il punto d’impatto posto all’inizio delle tracce di abrasione dell’asfalto che sono state rilevate dalla PG a circa 20 m dal punto d’arresto dell’autocarro. Non risulta quindi confermabile dalle circostanze obiettive che il conducente l’autocarro abbia percorso solo pochi metri dalla partenza quando si arrestò spontaneamente a seguito della percezione di un urto;

-lo stato di deformazione della bicicletta, i punti d’urto rilevati sulla motrice, le tracce lasciate al suolo dalla bici e dal ciclista e, soprattutto, il punto di rinvenimento della vittima, consentono di affermare che il velocipede è stato tamponato dall’autoarticolato mentre questo marciava regolarmente nella medesima direzione e verso del pesante veicolo. Impensabile è ritenere che la vittima stesse attraversando la sede stradale marciando a piedi con al fianco la bicicletta e che entrambe fossero state trascinate dal punto d’urto (rilevato anche dalla PG alla fine dell’autocarro) per circa 20 m senza rimanerne arrotate;

-non viene giustificato dalla PG il cambiamento di considerazione nella ricostruzione redatta per l’AG nella quale l’incidente viene descritto, inizialmente, come collisione tra veicoli marcianti nella stessa direzione e, successivamente, come incidente con pedone che stava attraversando sospingendo a braccia il proprio velocipede…”

In forza delle conclusioni alle quali sono pervenuti i consulenti tecnici (il medico legale e l’ingegnere), si è proseguito nella fase stragiudiziale di trattazione del sinistro con la compagnia assicurativa Alfa, non conclusasi però fruttuosamente.

Gli eredi di Rossi hanno, quindi, instaurato il giudizio innanzi al Tribunale, competente territorialmente, chiedendo il risarcimento dei danni ed allegando le consulenze già acquisite.

Il risarcimento chiesto dai figli del de cuius, in proprio e nella qualità di eredi del Rossi, ha ricompreso tutti i danni patrimoniali (danno emergente e lucro cessante) e non (danno biologico iure hereditatis e iure proprio, morale, psichico, ecc.), dagli stessi subiti a seguito del sinistro.

Nel corso del giudizio, costituitasi la compagnia assicurativa, sono state disposte due consulenze tecniche d’ufficio (una medico legale ed una sulla dinamica del sinistro) che hanno confermato le risultanze alle quali erano pervenuti i consulenti tecnici di parte e cioè: il sig. Rossi in sella alla bicicletta, incolonnato e fermo al semaforo (rosso), è stato tamponato, travolto e arrotato dal camion al momento della ripartenza; le lesioni riportate non erano compatibili con la dinamica del sinistro risultante dagli atti di causa, bensì con quella ricostruita dagli attori; l’evento morte si è verificato in conseguenza del sinistro, dopo sei mesi di allettamento.

In conclusione, il caso riportato – caratterizzato dall’assenza di testimoni oculari, dalla contraddittorietà delle dichiarazioni spontanee fornite dal conducente del camion, dalla dubbia validità della ricostruzione della dinamica del sinistro fatta dalla Polizia Municipale – avrebbe dovuto concludersi senza alcun ristoro del danno in favore del Rossi né, successivamente, per gli eredi di quest’ultimo.

Invece, grazie ad una ricostruzione puntuale e meticolosa dei fatti di causa compiuta dai consulenti di parte e dal legale, si è riusciti ad ottenere giustizia.

Ciò dimostra l’importanza della consulenza preventiva che rende possibile superare le risultanze documentali (nel caso di specie il verbale della P.M. intervenuta dopo il sinistro, che non fa fede fino a querela di falso) pur se, essendo la consulenza “solo” un ausilio, la decisione del giudizio è sempre rimessa alla auspicabile corretta valutazione dei fatti da parte Giudice.

Si conclude l’analisi del caso, riportando le ultime sentenze della Cassazione in tema di danno tanatologico e di quantificazione dello stesso.

Prescindendo dalle tabelle convenzionali (di recente sono state considerate attendibili quelle di Milano) che per comodità quantificano, con scaglioni più o meno articolati, il risarcimento in favore degli eredi (in base al rapporto di parentela con il de cuius, all’età, all’eventuale convivenza con l’erede, ecc.), la giurisprudenza più recente ha riconosciuto l’evento morte come voce risarcitoria autonoma di danno (quale evento morte al 100% e I.T.A.) trasmissibile agli eredi in caso di permanenza in vita, anche di pochi minuti, dell’incidentato il quale, nel lasso di tempo tra incidente e decesso, abbia potuto prendere coscienza della condizione di gravità nella quale versava e dell’avvicinarsi dell’evento morte.

In tal senso, è inteso il riconoscimento di un danno da sofferenza morale (denominato danno tanatologico, ovvero danno morale terminale o ancora danno catastrofale o da agonia) conseguente alla percezione da parte della vittima dell’evento catastrofico.

Gli eredi della vittima hanno diritto ad ottenere il danno sorto in capo al defunto prima dell’evento morte (jure hereditario).

Di recente, però, si segnala un nuovo orientamento giurisprudenziale secondo il quale “La perdita della vita va ristorata a prescindere dalla consapevolezza che il danneggiato ne abbia, anche in caso di morte c.d. immediata o istantanea, senza che assumano pertanto rilievo né il presupposto della persistenza in vita per un apprezzabile lasso di tempo successivo al danno evento né il criterio dell’intensità della sofferenza subita dalla vittima per la cosciente e lucida percezione dell’ineluttabile sopraggiungere della propria fine”. (Cassazione civile, sez. III, 23/01/2014, n. 1361).

Il contrasto giurisprudenziale insorto, ha comportato la rimessione alle Sezioni Unite della Cassazione, perché si esprima sul punto: “Vanno rimessi al Primo Presidente della Corte di cassazione, affinché valuti l’opportunità dell’assegnazione alle Sezioni Unite, gli atti del procedimento sulla questione riguardante la risarcibilità del danno non patrimoniale da morte immediata, ammesso dalla Cass. civ., sezione III, 23 gennaio 2014 n. 1361 in contrasto con la giurisprudenza costante di segno opposto.” (Cassazione civile, sez. III, 04/03/2014, n. 5056).

Ad oggi, si è in attesa di conoscere la decisione.

Avvocato Fabrizio Cristadoro

 

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