L’Azienda sanitaria dovrà restituire al professionista gli importi trattenuti dallo stipendio a titolo di risarcimento per inappropriatezza prescrittiva

Si era visto decurtare dalla Asl, a titolo di risarcimento, 276 euro per 12 mensilità di stipendio (per un totale di oltre 3 mila euro) per inappropriatezza prescrittiva. In particolare aveva prescritto, tra il 2013 e il 2014, in favore di una sola paziente bombole di ossigeno gassoso oltre i quantitativi previsti nelle linee guida in materia. Il tutto su indicazione dell’Utic di un centro del basso Salento. Il camice bianco, tuttavia, si è visto  accogliere il dal Tribunale del lavoro il ricorso presentato contro il provvedimento. L’Azienda sanitaria dovrà dunque restituire l’importo trattenuto dalle competenze stipendiali del professionista.
I Giudici hanno infatti evidenziato come le linee guida, “al di là delle questioni relative al carattere cogente” e “delle conseguenze derivanti da eventuali violazioni” siano finalizzate ad evitare sprechi.
Ciò presuppone normalmente “condotte reiterate e relative ad una pluralità di casi e di pazienti, apparendo invece difficilmente compatibile con prescrizioni nei confronti di un’unica paziente”. Tanto più “ove si consideri che esse erano assistite da una espressa ‘autorizzazione utilizzo farmaco al di fuori delle indicazioni fornite dal ministero della Salute’”.

Pertanto “trattandosi di un unico episodio e dati gli importi certamente non elevati del presunto ‘spreco’”, non vi sarebbero “elementi per ritenere che vi sia stato dolo o colpa grave”.

Il Tribunale ha inoltre sottolineato come il medico potrebbe essere costretto a dover scegliere di non prescrivere un farmaco, pure ritenuto necessario o comunque utile per la cura di un paziente, per evitare trattenute sullo stipendio. Di conseguenza “una interpretazione così rigida e rigorosa del valore delle ‘linee guida’ e degli effetti di eventuali violazioni delle relative prescrizioni o indicazioni appare pericolosa rispetto alle esigenze di tutela del diritto alla salute”.
Il medico, di fronte a dubbi di difficile soluzione, si potrebbe ritrovare tra il timore di responsabilità nei confronti dei pazienti e rischi di trattenute sullo stipendio. “È evidente quindi – si legge nella sentenza – che un qualche margine di discrezionalità deve essere lasciato al medico e che la sua responsabilità personale può essere ravvisata solo in caso di dolo o di errore grave conclamato”.
 
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