Accolto il ricorso di un lavoratore al quale era stato negato l’indennizzo dall’Inail per una menomazione conseguente a un incidente in bicicletta

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 21516/18 si è pronunciata su un contenzioso tra l’Inail e un lavoratore rimasto vittima di un infortunio in itinere. In seguito a un incidente in bicicletta nel tragitto per raggiungere il posto di lavoro, l’uomo aveva riportato una menomazione dell’8%.

La Corte territoriale di Bologna, riformando la sentenza del Giudice del lavoro di Forlì, aveva respinto la domanda di indennizzo presentata dal lavoratore. Secondo il Giudice di appello, infatti, l’uso della bici per andare al lavoro corrisponderebbe ad aspettative che non assumono “uno spessore sociale tale da giustificare un intervento di carattere solidaristico a carico della collettività”.

La vicenda è quindi approdata in Cassazione. Il ricorrente, in particolare, lamentava la mancata considerazione del Giudice a quo circa la sussistenza dei presupposti di necessità dell’uso del mezzo privato.

La Corte d’appello, inoltre, secondo l’impugnante aveva omesso l’esame di un fatto decisivo consistente nelle condizioni fisiche del lavoratore, anche in relazione all’esigenza di tutela della salute rispetto all’attività lavorativa da svolgere.

Gli Ermellini hanno ritenuto di aderire alle doglianze dell’attore in quanto fondate. Per la Cassazione il sinistro occorso al lavoratore in bicicletta costituisce, a tutti gli effetti, un infortunio in itinere. L’Inail, pertanto, è tenuto a indennizzarlo. L’utilizzo del velocipede, infatti, deve è considerato ‘sempre necessitato’ per i positivi riflessi ambientali e deve ritenersi consentito per motivi sociali e familiari.

Il rischio elettivo a carico dell’infortunato va a maggior ragione escluso quando non ci sono mezzi pubblici che coprono il tragitto fra la casa e il luogo di lavoro, come nel caso esaminato. Il tutto specialmente se l’interessato, come riconosciuto dal Ctu, presenta problemi di deambulazione e gli riesce più complicato coprire le distanze a piedi.

Da qui la decisione della Suprema Corte di cassare la sentenza di secondo grado, con rinvio al giudice di appello per una nuova pronuncia alla luce dei principi enunciati.

 

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