Nell’ambito di un giudizio in materia di indebito previdenziale, spetta al titolare del beneficio dimostrare i fatti costitutivi del diritto a conseguire la prestazione contestata

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 2631/2018 si è pronunciata sul ricorso presentato dall’Inps nell’ambito di un contenzioso in materia di indebito previdenziale.

Nello specifico l’Istituto riteneva di aver versato a una donna in pensione importi maggiori dell’assegno mensile di assistenza di cui la stessa era titolare. Un’eccedenza verificatasi per effetto del riscontrato superamento, da parte della signora, dei limiti di reddito previsti per tale beneficio tra il 2004 ed il 2011. Da qui la richiesta della restituzione della somma con due note inviate all’appellante nel primo semestre del 2011.

La donna si era quindi rivolta al Tribunale chiedendo l’accertamento negativo del debito, ma la sua istanza era stata respinta. In secondo grado, invece, la Corte territoriale aveva riformato la decisione impugnata, dichiarando illegittimo il recupero operato dall’Inps.

La prima nota, infatti, secondo il Giudice di appello non conteneva una specifica, anno per anno, dell’eccedenza della prestazione erogata rispetto a quella dovuta. Né tantomeno l’indicazione delle ragioni dell’eccedenza stessa. La seconda nota, invece, conteneva la specificazione della prestazione erogata nel solo periodo 2008 – 2010. Pertanto l’assistita non era stata posta nelle condizioni di poter verificare il debito contestatole e di contraddire all’avversa pretesa. L’Istituto era stato quindi condannato alla restituzione delle somme trattenute.

Nel ricorrere per cassazione, l’Inps lamentava violazione e falsa applicazione della normativa.

A detta dell’Istituto, la Corte d’appello avrebbe disatteso il principio affermato dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la sentenza n. 18046/2010. In base a tale pronuncia spetta infatti spetta al pensionato che miri ad ottenere l’accertamento negativo del suo obbligo di restituzione l’onere di provare i fatti costitutivi del diritto a conseguire la prestazione contestata.

Nel caso in esame, quindi, spettava alla donna la dimostrazione di non aver superato i limiti reddituali di legge per l’ottenimento del beneficio. La circostanza della ritenuta genericità della comunicazione volta alla richiesta di rimborso sarebbe quindi stata del tutto irrilevante.

I Giudici del Palazzaccio hanno ritenuto effettivamente di aderire alle argomentazioni proposte, accogliendo il ricorso in quanto fondato. La Cassazione ha infatti confermato che, in tema d’indebito previdenziale, “è a carico esclusivo dell'”accipiens” l’onere di provare i fatti costitutivi del diritto a conseguire la prestazione contestata, ovvero l’esistenza di un titolo che consenta di qualificare come adempimento quanto corrisposto”.

Peraltro, non assume rilievo l’inosservanza, da parte dell’Istituto, dell’obbligo di verificare annualmente l’esistenza di situazioni reddituali incidenti sul diritto o sulla misura della pensione.

Nella fattispecie in questione era emerso che la ragione dell’indebito era riconducibile al godimento dell’assegno pur in presenza del superamento dei previsti limiti reddituali. Di conseguenza spettava all’attrice, che ne aveva la possibilità e l’onere, dimostrare che i redditi percepiti nel periodo relativo alla richiesta di rimborso erano rimasti al di sotto della soglia di legge ai fini del mantenimento della suddetta provvidenza.

 

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