In tema di responsabilità sanitaria il giudice non è vincolato alle iniziali prospettazioni dell’attore che ha erroneamente individuato uno specifico inadempimento qualificato dei sanitari

In tema di responsabilità sanitaria, qualora sia proposta una domanda risarcitoria nei confronti di una struttura ospedaliera e di un suo ausiliario allegando la colpa esclusiva di quest’ultimo, il giudice non è rigidamente vincolato alle iniziali prospettazioni dell’attore, stante la inesigibilità della individuazione “ex ante” di specifici elementi tecnico-scientifici (inadempimento qualificato), di norma acquisibili solo all’esito dell’istruttoria e dell’espletamento di una c.t.u., potendo pertanto accogliere la domanda nei confronti della struttura in base al concreto riscontro di profili di responsabilità diversi da quelli in origine ipotizzati, senza violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato. Questo è quanto stabilito dalla, Terza Sezione Civile della Corte di Cassazione con la sentenza n. 6850 depositata il 20 marzo 2018.              

I fatti

Un paziente conviene in giudizio la Gestione Liquidatoria della ASL di Reggio Calabria e l’aiuto primario presso la Divisione Oculistica di un’ospedale per sentirli condannare al risarcimento dei danni subiti a causa della perdita dell’occhio destro, conseguita ad una infezione insorta dopo un intervento di rimozione di cataratta; il contraddittorio viene successivamente esteso nei confronti degli eredi del primario oculista che aveva eseguito l’intervento.

Il giudice di prime cure accoglie la domanda nei confronti della Gestione Liquidatoria della ASL, mentre la rigetta nei confronti dell’aiuto primario.

La decisione viene confermata dalla Corte di Appello di Reggio Calabria.

Ha proposto ricorso per cassazione l’Azienda Sanitaria Provinciale di Reggio Calabria, succeduta alla Gestione Liquidatoria, affidandosi a tre motivi, mentre ha resistito con controricorso, uno solo degli eredi del primario.

E’ possibile condannare la struttura sanitaria in difetto di accertamento di responsabilità dei propri ausiliari?

E’ questo il primo interrogativo a cui deve dare risposta la Corte di Cassazione nella pronuncia in esame.

Gli Ermellini hanno confermato la condanna della Gestione Liquidatoria dopo avere accertato che il paziente “contrasse l’infezione che provocò la perdita dell’occhio proprio durante il periodo di degenza presso il nosocomio ed in correlazione all’intervento chirurgico“, e dopo aver rilevato che “non è stata offerta dal predetto ente la prova liberatoria consistente nella propria assenza di negligenza e di perizia in tutte le fasi di conduzione del “contatto” con il paziente“.

Per la Suprema Corte questa conclusione non implica alcuna violazione dell’art. 1218 c.c., in quanto, una volta accertata la derivazione causale dell’infezione dall’intervento o dalla degenza ospedaliera, la Corte territoriale ha correttamente ritenuto che fosse la struttura a dover fornire la prova liberatoria circa la correttezza dell’adempimento della complessiva obbligazione di assistenza sanitaria e ha fatto conseguire al mancato adempimento di tale onere l’affermazione della responsabilità.

Inoltre, secondo i Supremi giudici la condanna della Gestione Liquidatoria non è incompatibile con il mancato accertamento di specifiche responsabilità dei medici convenuti, poiché l’obbligazione della struttura non si esaurisce nella prestazione prettamente medica e comprende un generale obbligo di tutelare il paziente con l’adozione delle cautele volte ad evitare possibili processi infettivi.

Naturalmente non tutte le volte che insorge un’infezione si può pacificamente affermare la responsabilità della struttura.

Ed infatti, se non sia stata accertata la sussistenza di una noxa patogena esterna, è proprio la struttura a dover dimostrare, ai sensi dell’art. 1218 c.c., l’esattezza dell’adempimento di tutti i propri obblighi onde poter andare esente da responsabilità.

C’è stato nel caso de quo violazione del principio di corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato?

Il secondo motivo rappresenta l’aspetto più interessante della vicenda.

L’ASL afferma che “l’Ente ricorrente non aveva alcun onere di provare la propria assenza di negligenza ed imperizia, atteso che alcuna contestazione in merito era stata sollevata dal paziente e diverso era l’oggetto della domanda”.

Ebbene, la responsabilità della struttura ospedaliera è sempre responsabilità diretta, anche nel caso in cui consegua a fatto degli ausiliari, e che l’avere l’attore individuato la colpa esclusiva di un singolo ausiliario (inadempimento qualificato) non vale a limitare l’oggetto della domanda, che concerneva comunque anche l’accertamento della responsabilità della struttura, in funzione dell’accoglimento della pretesa risarcitoria avanzata dal paziente nei confronti di entrambi i convenuti.

D’altra parte la Corte esclude che, in ambito di responsabilità professionale sanitaria, l’accertamento demandato al giudice sia rigidamente vincolato a quanto prospettato ab origine dall’attore, dovendosi invece ritenere che l’oggetto del giudizio sia costituito dall’accertamento della responsabilità dei convenuti in relazione al danno lamentato dall’attore e che, entro tale ambito, possa correttamente trovare accoglimento la domanda in base al concreto riscontro di profili di responsabilità diversi da quelli originariamente ipotizzati dall’attore.

Il motivo di tanto è l’alto tasso “tecnico” che contraddistingue le controversie in materia di responsabilità sanitaria e la inesigibilità della specifica individuazione ex ante, da parte dell’attore, di elementi tecnico/scientifici che, di solito, possono essere acquisiti compiutamente solo all’esito dell’istruttoria e con l’espletamento di una consulenza tecnica d’ufficio.

Per gli Ermellini se si opinasse diversamente, si finirebbe col gravare l’attore di un onere di preventiva individuazione delle cause del danno e delle condotte colpose che si tradurrebbe in un limite ingiustificato all’esercizio del suo diritto di azione.

E cosa accade se la causa del danno resti ignota sul piano scientifico?

Per la Corte se viene ricondotta la causa del danno all’adempimento della prestazione, nel caso de quo all’intervento di rimozione della cataratta o all’assistenza post-operatoria, il giudice d’appello ben poteva affermare la responsabilità della struttura, anche prescindendo dalla concreta individuazione delle modalità con cui si era verificata la “penetrazione dei germi attraverso l’incisione chirurgica“.

Un elemento è fondamentale sul piano giuridico, ovvero la certezza del nesso causale fra l’adempimento della prestazione e il danno subito dal paziente, mentre è del tutto irrilevante il fatto che la causa resti ignota sul piano scientifico, a meno che non emerga la probabilità prevalente di una causa esterna all’adempimento della prestazione.

Per la Cassazione tale ipotesi non si è verificata nel caso in esame, essendo stato accertato che l’infezione si è verificata “a seguito” dell’intervento, in un momento qualsiasi compreso fra la fase preparatoria e le medicazioni ad esso successive.

Sulla base delle su esposte argomentazioni il ricorso è stato rigettato e le spese di lite compensate.

Avv. Maria Teresa De Luca

 

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