La richiesta di risarcimento deriva  dalle complicanze insorte a seguito di un intervento di ‘sleeve gastrectomy’

Sarà il Tribunale civile a stabilire se una 55enne della provincia di Venezia ha diritto a essere risarcita per un presunto errore medico dall’Azienda Ospedaliera di Padova. La cifra in ballo è di circa un milione di euro.

La vicenda, ricostruita dal Corriere del Veneto,  risale all’ottobre del 2013 quando la donna, affetta da obesità patologica, decide di sottoporsi a un intervento di “sleeve gastrectomy”. Si tratta, secondo la definizione fornita da siti tecnici di una “gastrectomia verticale, praticata lungo la grande curvatura, con cui si asporta completamente il fondo gastrico e si ottiene uno stomaco residuo di 60-150”; semplificando, una sorta di restrizione dello stomaco.

La struttura veneta alla quale si rivolge la paziente ha una expertise consolidata per questa tipologia di intervento, che viene praticato con successo da diversi anni; ma in questa circostanza  qualcosa va storto e la speranza di recuperare una vita normale si trasforma nell’inizio di un calvario.

Poche ore dopo essere uscita dalla sala operatoria, infatti, la temperatura corporea della donna comincia a salire. La febbre, secondo quanto emerso successivamente, è dovuta a una delle complicanze più tipiche per quel genere di operazione, ovvero una peritonite diffusa causata da fistola gastrica che ha determinato uno shock settico; le cuciture allo stomaco non hanno tenuto.

Ad aggravare la situazione, secondo i parenti della paziente, vi sarebbe un colpevole ritardo da parte dei medici nell’intervenire per rimediare alla situazione. La donna viene operata solo a metà dicembre. Nella perizia del consulente di parte della famiglia si legge che la 55enne “veniva avviata alla chirurgia unicamente ‘in limine mortis’”, cioè a un passo dal rimetterci la vita.

Seguono altri quattro interventi tra gennaio e marzo e finalmente a settembre, dopo quasi un anno, la paziente viene dimessa, salvo dover proseguire per diversi mesi la riabilitazione presso altre strutture ospedaliere. La donna, tuttavia, non è più autonoma e, oltre ad aver perso il lavoro, necessita di essere assistita per muoversi, lavarsi e sbrigare le faccende di casa.

Di qui il tentativo di ottenere un risarcimento per l’accaduto; a tale scopo il suo legale inizialmente ha cercato un accordo scrivendo all’Azienda ospedaliera e cercando una mediazione. Dato il fallimento di tale tentativo si apre ora il procedimento civile, mentre, a seguito della querela presentata dai familiari, la Procura di Padova ha disposto l’apertura di un fascicolo sul caso.

 

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