Una interessante pronuncia della Cassazione ha fornito chiarimenti sull’atto di inneggiare allo Stato islamico e sul fatto che ciò costituisca reato

La Corte di Cassazione penale, con la sentenza n. 55418/2017, ha fornito ulteriori chiarimenti sull’atto di inneggiare allo Stato islamico e su come, questo, possa giustificare l’adozione della misura cautelare della custodia in carcere.

La vicenda

Nel caso di specie, il Tribunale del Riesame di Brescia aveva annullato il provvedimento con cui il giudice per le indagini preliminari aveva applicato la misura cautelare della custodia in carcere ad un soggetto accusato del reato di istigazione a delinquere”, di cui all’art. 414 c.p.

L’uomo era stato accusato di aver commesso tale reato. Egli aveva pubblicamente deciso di inneggiare allo Stato islamico tramite internet. Il tutto “con finalità di terrorismo internazionale”.

Ritenendo la decisione ingiusta, il Procuratore della Repubblica di Brescia aveva deciso di rivolgersi alla Corte di Cassazione.

Il suo scopo era di ottenere l’annullamento dell’ordinanza della misura cautelare.

Secondo il Procuratore, “il richiamo costante ed esplicito al conflitto bellico in corso di svolgimento sul territorio sirio-iracheno, contenuto nelle registrazioni pubblicate e condivise sul profilo Facebook del D., rappresentava un idoneo e qualificato riferimento all’ISIS, protagonista non certo secondario di tale conflitto”.

Il Tribunale del Riesame, nell’annullare la misura cautelare della custodia in carcere, non avrebbe però tenuto in considerazione un aspetto importante.

Ovvero le “conseguenze apologetiche che i riferimenti espliciti ed impliciti al conflitto sirio-iracheno erano in grado di provocare rispetto ai frequentatori dei social network”.

Per il Procuratore, il riferimento all’ISIS, corrispondeva ad inneggiare allo Stato islamico.

E questo in virtù del “richiamo alla Jihad islamica, la quale costituisce la fonte di ispirazione delle azioni militari dello Stato islamico sul territorio sirio-iracheno e, su scala internazionale, il collante del terrorismo islamico”.

La Corte di Cassazione ha dato ragione al Procuratore della Repubblica, accogliendo il relativo ricorso, in quanto fondato.

Per gli Ermellini, le associazioni di ispirazione jihadista “hanno natura di organizzazione terroristiche rilevanti ex art. 270 bis c.p.”.

Nel caso di specie, secondo la Cassazione, appariva pacifico che l’indagato avesse “inneggiato apertamente allo Stato islamico ed alle sue gesta ed i suoi simboli”.

Non solo.

Il Tribunale del Riesame, nell’annullare il provvedimento che aveva disposto la custodia cautelare in carcere del medesimo, non aveva adeguatamente tenuto conto dei contatti che l’indagato aveva “con altri soggetti già indagati per terrorismo islamico”.

Il soggetto, inoltre, aveva affermato “contraddittoriamente che lo stesso fosse estraneo a frequentazioni di gruppi religiosi più estremisti, o valorizzando la circostanza che fosse estraneo a frequentazioni religiose”.

Alla luce di quanto esposto, la Cassazione ha annullato il provvedimento impugnato dal Procuratore della Repubblica, rinviando la causa al Tribunale di Brescia, affinché decidesse nuovamente sulla questione.

 

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