A decorrere dal 1 gennaio 2017, la casa di abitazione non rientra nel computo del reddito ai fini del riconoscimento delle prestazioni erogate dall’Istituto previdenziale

“Dal computo del reddito ai fini del riconoscimento delle prestazioni di invalidità civile, cecità e sordità deve essere escluso quello della casa di abitazione”. Lo ha chiarito l’Inps, con la circolare n. 74 del 21 aprile 2017, prendendo atto di un consolidato orientamento giurisprudenziale. L’Istituto nazionale di previdenza sociale, fino ad oggi, aveva considerato rilevante, ai fini della concessione di tali misure, anche il reddito della casa di abitazione in quanto assoggettato a IRPEF, salva la deducibilità al 100%.
A partire dal 2002, tuttavia, si è affermata un’interpretazione normativa opposta. La Corte di Cassazione, in particolare, ha evidenziato come le norme specifiche di riferimento siano costituite dall’art. 12 della legge n. 118 del 1971 e dall’art. 26 della legge n. 153 del 1969. In base a tale quadro regolatorio, secondo gli Ermellini, i criteri di concessione della pensione di inabilità sarebbero quelli stabiliti per il riconoscimento della pensione sociale ai cittadini ultrasessantacinquenni sprovvisti di reddito; in quest’ultimo caso la norma esclude dal computo del reddito gli assegni familiari e il reddito della casa di abitazione.
L’Ente previdenziale ha quindi provveduto ad adeguare le procedure informatiche di calcolo. Il provvedimento ha effetto dal 1° gennaio 2017 e con tale decorrenza saranno riconosciuti anche gli arretrati che figurino applicando il nuovo criterio. Non saranno invece riconosciuti gli arretrati anteriori alla suddetta data.
Nell’ipotesi in cui l’applicazione del vecchio computo abbia già generato degli importi indebiti per il periodo di competenza successivo al 1° gennaio 2017 – precisa la circolare – si dovrà provvedere all’annullamento in autotutela degli stessi. Ogni eventuale disposizione in contrasto con il contenuto della presente circolare deve ritenersi superata”.

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