Dopo il caso del bambino nato disabile in seguito alla somministrazione di un farmaco sbagliato alla madre ipertesa, «Responsabile Civile» ha chiesto al prof. Francesco Torcia, un commento e un approfondimento rispetto a rischi e trattamento dell’ipertensione in gravidanza

L’ipertensione rappresenta certamente una delle patologie più temibili in corso di gravidanza. Ne esistono due forme: 1) ipertensione cronica o preesistente la gravidanza 2) ipertensione indotta dalla gravidanza. In entrambe le condizioni si tratta di gravidanze ad alto rischio materno-fetale.

Nel primo caso la diagnosi è più agevole poiché, generalmente, la donna va in gravidanza sapendo già di essere ipertesa. Il trattamento prevede il passaggio da farmaci notoriamente non utilizzabili e potenzialmente pericolosi nel corso della gestazione, a terapie diverse, assolutamente innocue per il feto.

Più complessa la diagnosi e conseguentemente la gestione della paziente con ipertensione indotta dalla gravidanza, la cui storia, per le forme non riconosciute o resistenti alla terapia può esitare in pre-eclampsia o eclampsia, che è una delle più temibili complicanze della gravidanza stessa, la quale mette a rischio non solo la sopravvivenza e la salute del nascituro, ma anche quella materna sia in termini di qualità di vita (insufficienza renale- dialisi ), sia in termini di sopravvivenza. Il sovrappeso materno o l’aumento ponderale rapido indotto da errate abitudini alimentari in gravidanza, cui si associa spesso una familiarità per ipertensione, sono di solito alla base di questa patologia.

L’insorgenza è caratteristica del terzo trimestre con comparsa di edemi agli arti inferiori, valori pressori superiori a 140 mm Hg e 90/mm Hg e presenza di proteinuria.

I farmaci utilizzati per il trattamento dell’ipertensione gravidica sono pochi e ben noti agli addetti del settore, anche se a volte di difficile gestione pure in mani esperte. Fra questi rientrano l’alfa metildopa, la nifedipina ed il solfato di magnesio per la gestione dei casi più severi o delle crisi eclamptiche.

E’ comunque sufficientemente noto, almeno per chi si interessa di ostetricia e di gravidanze a rischio, che l’uso di altri farmaci anti-ipertensivi in gravidanza non è esente da rischi, in particolare quando si tratta di farmaci che rientrano nella categoria degli ACE inibitori, quale appunto il Coversyl purtroppo utilizzato per la gestione dell’ipertensione in gravidanza nel caso narrato nei giorni scorsi.

Come è possibile che in piena era informatica, in cui basta un click per accedere a informazioni di qualunque genere e quindi anche di tipo farmaceutico-sanitario, venga dispensato un farmaco palesemente non idoneo al trattamento necessario? Come è possibile perseverare in una scelta farmacologica non nota senza interrogarsi sui possibili rischi?

Le risposte possono essere molteplici, ma certamente non prescindono dal comportamento dell’operatore sanitario, in questo caso medico specialista, che avendo scarsa cultura specifica nel settore, ha probabilmente assecondato in modo del tutto superficiale, una prescrizione fatta da altro collega fuori dalla gravidanza, per il trattamento di un’ipertensione cronica.

Ovviamente è stato omesso il passaggio successivo, cioè quello del cambio di terapia.

La gravidanza di madre ipertesa o che sviluppa l’ipertensione nel corso della gestazione deve essere seguita con molta attenzione e possibilmente da ginecologi esperti del settore, i quali ben conoscono i trattamenti, il tipo di monitoraggio necessario e sono quindi in grado di confezionare un trattamento per la paziente commisurato alla condizione di patologia osservata.

Anche nell’ambito della nostra branca esistono competenze super specialistiche differenti (oncologia, ostetricia, riproduzione) delle quali magari bisogna tener conto sia nell’affidare incarichi di tipo ambulatoriale che nel coprire magari turni di guardia in dipartimenti di servizi d’urgenza.

Certamente il caso di Pavia, al di là dei sensazionalismi indotti dall’entità del risarcimento riconosciuto e patteggiato, dovrebbe essere utilizzato come indice dal quale prendere spunto per un miglior impiego delle risorse umane in campo assistenziale. Solo attraverso un approfondimento importante, sistematico e prolungato si può giungere ad acquisire l’esperienza necessaria per la gestione di patologie ad alto rischio in gravidanza e sperare di poter ridurre gli esiti potenzialmente infausti dai quali queste gestazioni sono spesso prevedibilmente caratterizzate.

Prof. Francesco Torcia
Ginecologo – Sapienza Università di Roma

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