E’ valida l’iscrizione di ipoteca da parte di Equitalia su immobili facenti parte di un fondo patrimoniale? La normativa in materia

Tale quesito sorge spontaneo in virtù del fatto che spesso l’agente della riscossione iscrive ipoteca, ex art. 77 del D.p.r. n. 602/1973, su beni conferiti nel fondo eccependo, in giudizio, che la norma dettata in tema di fondo patrimoniale vieterebbe unicamente l’esecuzione sui beni posti a salvaguardia dei bisogni familiari e sui frutti di essi e non anche l’azione cautelare.

I diversi tipi di iscrizione ipotecaria

L’ipoteca esattoriale differisce sia  da quella legale, prevista dall’art.2817 c.c., che da quella giudiziale, disciplinata dall’art. 2818 c.c..

Per ciò che attiene l’ipoteca legale, il legislatore ha previsto l’iscrizione automatica su specifici beni immobili oggetto di negoziazione, per tutelare e rafforzare l’esatto adempimento di obbligazioni derivanti da operazioni di trasferimento della proprietà per effetto di atti di alienazione o di divisione.

L’ipoteca esattoriale non presuppone l’esistenza di un preesistente atto negoziale …

Appare evidente che l’ipoteca esattoriale si differenzia da quella legale in quanto non presuppone l’esistenza di un preesistente atto negoziale il cui adempimento il legislatore abbia inteso garantire.

Nel caso dell’ipoteca giudiziale si deve sottolineare come l’art. 2818 c.c., sia stato dettato dall’esigenza di rafforzare l’adempimento di una generica obbligazione pecuniaria che  individua il titolo per l’iscrizione di tale formalità in una sentenza o in altro provvedimento giudiziale cui la legge riconosce tale effetto.

… ed è legittimata da un provvedimento amministrativo

Anche se risulta facile accostare l’ipoteca esattoriale a quella giudiziale dal punto di vista della genericità dell’obbligazione garantita, appare  tuttavia evidente la differenza esistente tra le due fattispecie, in virtù del fatto che la richiesta di iscrizione ipotecaria ai sensi dell’art. 77 su citato, è legittimata non da un provvedimento giudiziale bensì, da provvedimento amministrativo.

La disciplina fondo patrimoniale

L’art. 169 c.c. dispone che “se non è stato espressamente consentito nell’atto di costituzione non si possono alienare, ipotecare, dare in pegno o, comunque, vincolare beni del fondo patrimoniale, eccetto il caso in cui vi sia il consenso di entrambi i coniugi e, in presenza di figli minori, con l’autorizzazione concessa dal giudice, con provvedimento emesso in camera di consiglio, nei soli casi di necessità od utilità evidente”.

La su citata norma contempla unicamente l’ipotesi di costituzione volontaria di ipoteca sul bene conferito nel fondo da parte del coniuge proprietario del bene o del terzo che ha costituito il fondo.

La Suprema Corte con la sentenza n. 13622 del 4 giugno 2010  ha stabilito  che in materia di fondo patrimoniale, ai sensi del combinato disposto degli artt.169 e 170 cod. civ. e dei principi costituzionali in tema di famiglia, i beni costituiti nel fondo, non potendo essere distolti dalla loro destinazione ai bisogni familiari, non possono costituire oggetto di iscrizione di ipoteca ad opera di terzi, qualunque clausola sia stata inserita nell’atto di costituzione circa le modalità di disposizione degli stessi in difformità da quanto stabilito dal citato art. 169 cod. civ.; tuttavia, nel caso in cui i coniugi o uno di essi abbiano assunto obbligazioni nell’interesse della famiglia, qualora risultino inadempienti alle stesse, il creditore può procedere all’iscrizione d’ipoteca sui beni costituiti nel fondo, attesa la funzione di garanzia che essi assolvono per il creditore, in quanto correlati al soddisfacimento delle esigenze familiari.

Si può quindi affermare che è esclusa dall’ambito dell’art. 169 c.c. sia l’ipotesi di iscrizione di ipoteca legale, che di quella giudiziale, e ciò in quanto in entrambi i casi quello che  rileva non è tanto la volontà del coniuge o del terzo costituente il fondo, quanto una volontà esterna all’ambito soggettivo dello stesso, che deriva dalla volontà della legge nel caso dell’art. 2817 c.c. o di un terzo ex art. 2818 c.c..

In virtù del fatto che anche la costituzione dell’ipoteca prevista dall’art. 77 del D.p.r. n. 602/1973 presuppone l’iniziativa di un soggetto estraneo al fondo, in questo caso il concessionario della riscossione, appare evidente come la stessa si collochi al di fuori di quanto previsto dall’art. 169 c.c..

L’art. 170 c.c. è la norma che consente di chiarire se sia possibile iscrivere ipoteca in base all’art. 77 del D.P.R., in quanto tale disposizione nel disciplinare la posizione del terzo rispetto al fondo, regola nel contempo la situazione del soggetto terzo che voglia iscrivere ipoteca ai sensi di detto articolo.

Una prima obiezione potrebbe essere che la formulazione della norma, facendo riferimento diretto all’esecuzione, escluderebbe l’iscrizione ipotecaria e, pertanto,  potrebbe derivare che la stessa non possa avvenire alle stesse condizioni poste dalla legge per procedere ad esecuzione forzata.

Ma questa asserzione viene smentita dallo stesso sistema normativo, esaminando il quale emerge la stretta correlazione tra iscrizione d’ipoteca, ex art. 77 del D.P.R. citato, e la procedura esecutiva.

Per prima cosa preme sottolineare la stessa collocazione dell’art. 77 del D.p.r. n. 602/1973, riportante il titolo “Iscrizione di ipoteca”, che  è inserito nella Sezione IV del Decreto presidenziale, intitolato “Disposizioni particolari in materia di espropriazione immobiliare”.

Appare evidente che la collocazione di tale istituto in un ambito di norme che riguardano quello dell’espropriazione immobiliare, fa venir meno il concetto, al quale ricorre in sede di giudizio l’agente della riscossione, secondo cui l’ipoteca iscritta farebbe parte di un’azione tipicamente cautelare ed avente funzione di creare un titolo di prelazione (cfr. Comm. trib. prov. di Milano, sent. n. 437 del 20 dicembre 2010; Comm. trib. prov. di Treviso, sent. n. 22 del 5 febbraio 2009; Comm. trib. prov. di Varese, sent. n. 421 del 24 luglio 2015; Cass., sent. n. 5385 del 5 marzo 2013).

Il secondo comma di tale articolo prevede che se l’importo complessivo del credito per cui si procede non supera il 5% del valore dell’immobile da sottoporre ad espropriazione determinato a norma dell’art. 79, il concessionario, prima di procedere all’esecuzione, deve iscrivere ipoteca. Decorsi sei mesi dall’iscrizione senza che il debito sia stato estinto, il concessionario procede all’espropriazione.

Alcuni autori hanno rilevato che “detta iscrizione ipotecaria deve essere necessariamente seguita poi dall’esecuzione forzata immobiliare, nel breve termine di sei mesi, in mancanza di estinzione del debito, per cui detta ipoteca, in tanto è iscrivibile e doverosa, in quanto sia poi seguita da pignoramento. La summenzionata norma esclude dunque un’iscrizione ipotecaria fine a se stessa, senza cioè poter essere seguita da pignoramento” (cfr. A. Grassotti, “L’inscindibilità funzionale tra ipoteca ed esecuzione immobiliare tutela il fondo patrimoniale”, in GT – Riv. giur. trib., n. 5/2011, pag. 432 ss).

Il rapporto tra ipoteca e riscossione coattiva

Un’altra prova dell’intima correlazione tra ipoteca e riscossione coattiva si ricava dalla  lett. b) del comma 1 dell’art. 76 del D.p.r. n. 602/1973, rubricato “espropriazione immobiliare”, nel quale il legislatore prevede che, fatta salva l’ipotesi di unico immobile di proprietà del debitore, l’esattore può procedere all’espropriazione immobiliare se l’importo complessivo del credito per cui procede supera centoventimila euro.

L’esecuzione potrà essere avviata nel caso in cui sia stata  iscritta l’ipoteca di cui all’art. 77 e siano decorsi almeno sei mesi dall’iscrizione senza che il debito sia stato estinto.

Appare evidente sia l’intento del legislatore di subordinare la procedura esattiva alla previa iscrizione ipotecaria, in mancanza della quale non è possibile avviare la prima, che la volontà di non dar corso all’iscrizione ipotecaria ogni qualvolta non sia possibile, sulla base del quadro normativo, espropriare il bene immobile oggetto di ipoteca.

Sul punto si osserva che il secondo comma dell’art. 76 del D.p.r. n. 602/1973, dispone che il concessionario non procede all’espropriazione immobiliare se il valore del bene, determinato secondo l’art. 79 e diminuito delle passività ipotecarie aventi priorità sul credito, è inferiore all’importo di centoventimila euro.

Questa norma deve essere letta unitamente al comma 1 lett. b, dell’art. 76 su citato, che nel prevedere, che l’espropriazione può essere avviata se l’importo complessivo del credito per cui si procede supera centoventimila euro e previa iscrizione di ipoteca, è logico che nel caso in cui la procedura esattoriale non possa essere intrapresa per il mancato superamento di tale soglia quantitativa, viene meno anche la possibilità di apporre sul bene un vincolo reale, qual è la garanzia ipotecaria.

L’iscrizione ipotecaria esattoriale, si colloca, pertanto, in una fase pre-esecutiva, in cui il creditore sceglie i mezzi esecutivi che ritiene più adatti a tutelare il  proprio credito, prendendo in considerazione anche strumenti che consentano di prevenire la definitiva sottrazione del bene alla circolazione e di indurre un adempimento spontaneo, anche se tardivo, del debitore moroso, non presentando nessuno dei requisiti necessari a ricondurla nell’alveo delle mere misure cautelari.

Anche se l’ipoteca prevista dall’art. 77 del D.P.R. non costituisce un atto esecutivo in senso stretto, è pur vero che ci troviamo dinanzi ad un atto prodromico all’esecuzione, che comporta un vincolo di indisponibilità del bene finalizzato alla conservazione della garanzia in vista di una futura espropriazione forzata.

Si deve sottolineare  la circostanza che vi è identità del titolo  in cui è rappresentata la pretesa impositiva liquida ed esigibile, sulla scorta del quale il concessionario, per la riscossione di somme non pagate, può intraprendere  sia l’esecuzione forzata, che sottoporre il bene ad ipoteca.

Da tanto discende  che l’esattore può iscrivere ipoteca su beni appartenenti al coniuge o al terzo che li hanno conferiti nel fondo, nel caso in cui  il debito del coniuge o del terzo sia stato contratto per uno scopo non estraneo ai bisogni familiari e, quando, anche se  contratto per finalità extra-familiari, il titolare del credito per cui l’esattore procede alla riscossione ignorasse tale estraneità. Al contrario, l’esattore non potrà iscrivere ipoteca su detti beni, e in caso affermativo l’iscrizione è illegittima, se il creditore aveva cognizione di tale estraneità (cfr. Cass., sent. n. 5385 del 5 marzo 2013).

Tale orientamento è stato confermato dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 20799 del 14 ottobre 2016 e Corte di Cassazione, sez. Tributaria Civile, sentenza 1 – 22 febbraio 2017, n. 4593.

Da tutto ciò si può ricavare che l’iscrizione di ipoteca esattoriale sia possibile solo se il debito nei confronti del fisco deriva da beni o frutti appartenenti al fondo patrimoniale e vi sia identità tra il presupposto impositivo, così come identificato dalla disposizione di legge, espressione di capacità contributiva e la situazione giuridica che caratterizza il rapporto esistente tra coniugi e beni conferiti nel fondo.

Avv. Maria Teresa De Luca

 

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