L’impatto di un minore col sistema giudiziario può essere traumatico. Per questa ragione, riveste un’importanza cruciale l’assistenza affettiva e psicologica.

Qual è lo scopo della assistenza affettiva e psicologica al minore che si rende responsabile di un reato?

Il compito principali è quello di ridurre l’impatto che il trauma di affrontare il sistema giudiziario può produrre sul minore.

Questo diritto è garantito in ogni stato e grado del procedimento penale, e si sostanzia proprio nell’ assistenza affettiva e psicologica al minorenne.

La previsione di cui all’art. 12, co 1 del DPR 448/1988 trova il suo fondamento in un aspetto ben preciso.

Vale a dire, nell’intenzione del legislatore di costruire un impianto procedimentale che, insieme al legittimo accertamento della responsabilità penale del minore deviante, persegua, come obiettivo primario, il recupero sociale dello stesso.

Questo recupero, però, potrebbe venire rallentato o addirittura impedito laddove l’interazione del minore col sistema giudiziario fosse scevra da cautele e garanzie.

Tali cautele sono necessarie soprattutto in virtù dell’identità ancora incompiuta, dei livelli di maturazione e di responsabilizzazione ancora parziali e dei processi psico/fisici ancora in atto nel minore.

Ne discende, da ciò, l’importanza fondamentale di ridurre gli effetti negativi che un procedimento di natura penale può avere sul soggetto. Quest’ultimo, in quanto minorenne, ha una personalità non ancora del tutto definita, e per questo l’ assistenza affettiva e psicologica al minore è imprescindibile.

Ed è esattamente questo il fondamento di tale garanzia. Essa si realizza tramite la presenza di categorie di soggetti in grado di fornire il necessario sostegno al minore nel corso dell’iter procedimentale.

La prima categoria di soggetti in grado di fornire la necessaria assistenza al minore deviante sono i genitori. Ciò in ragione del naturale legame affettivo che unisce ogni genitore ai propri figli.

A differenza delle disposizioni in materia di fermo, arresto e accompagnamento in flagranza, l’art. 12, co 1 fa esclusivo riferimento al genitore. Questo senza richiedere che esso eserciti o meno la responsabilità genitoriale sul minore. E, dunque, senza prevedere nell’ ipotesi in cui la responsabilità genitoriale difetti, l’intervento di un tutore.

La ragione di tale previsione risiede in una convinzione ben precisa. Quella, cioè, che a dover essere valorizzato è il privilegiato rapporto genitori/figli. E questo anche laddove il genitore non eserciti più la funzione tutoria nei confronti del figlio.

La seconda categoria di soggetti che possono fornire assistenza al minore coinvolto in un procedimento penale sono ” le altre persone indicate dallo stesso minore” ed ammesse dall’Autorità Giudiziaria.

Pertanto, si richiede che sia il minore stesso a indicare tali soggetti.

Tuttavia, si richiede che tali persone vengano ammesse con apposito provvedimento del Giudice, cui spetta il compito di tutelare il minore anche rispetto alle sue stesse determinazioni.

Infine, l’ultima categoria è quella indicata dall’art. 12, co 2. Si tratta vale dei servizi minorili.

Il loro contributo deve aggiungersi a quello fornito dai genitori e dalle altre persone appositamente indicate dal minore.

Va da sé che la necessità di tale apporto (genitori – persone indicate dal minore – servizi minorili) cesserà al compimento della maggiore età del minore autore di reato.

 

 

 

 

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